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Il Libro del Graal (di Robert de Boron)

 

Autore: Robert de Boron –

Curatore: Francesco Zambon –

Editore: Adelphi, Milano 2005, pp. 343 –

 

Il volume raccoglie la cosiddetta “trilogia” di Robert de Boron: Giuseppe d’Arimatea, Merlino, Perceval, qui per la prima volta tradotta integralmente in lingua italiana.  Il Libro del Graal, la cui composizione risale ai primi anni del sec. XIII, oltre ad essere il primo romanzo in prosa della letteratura francese, rappresenta uno dei testi fondamentali della narrativa graalica, a cui si rifaranno tutti gli autori dei successivi cicli romanzeschi, in particolare per quanto concerne la “teologia della storia”, nella visione che emerge dalle pagine dello scrittore borgognone.

Nel ben documentato saggio di Francesco Zambon, che introduce l’opera, troviamo esposte le ragioni principali che ne denotato il valore e la portata dottrinali in rapporto alla configurazione archetipico-sapienziale del mito del Santo Graal in una prospettiva assolutamente cristiana.

Infatti, oltre ad essere «la prima narrazione completa del mito cristiano del Graal», scrive Zambon, la trilogia è «senza dubbio il romanzo che ci restituisce la versione simbolicamente e teologicamente più complessa del mito, quella in cui più nitidamente traspare il suo nucleo ‘esoterico’». Tale nucleo esoterico o “segreto” però, va inteso correttamente: «‘segreto’ nel senso d’impossibile da ‘comunicare a parole’ perché costituiva un veicolo di grazia parallelo a quello della linea apostolica senza per questo implicare una qualsiasi forma di gnosi con venature eretiche».

Giuseppe d’Arimatea, nobilis decurio (nella versione latina dei Vangeli), che era stato un discepolo segreto di Gesù, nella narrazione di De Boron assume i tratti specifici del Cavaliere divenendo il capostipite dell’eletto lignaggio cavalleresco (che attraverso Bron, il Re Pescatore, culminerà nella mistica figura di Perceval) cui spetta la missione di custodire e trasmettere i segreti del Graal, ma non solo. Infatti, specifica Zambon, ad esso è affidato «nientemeno che il compimento della Salvezza sulla terra». Qui si disegna una vera e propria «apoteosi della classe cavalleresca», che diverrà protagonista di quel “Tempo dello Spirito Santo” (secondo la teologia della Storia esposta da Gioacchino da Fiore), in pratica sostituendosi ai contemplativi o ai monaci presenti invece nella visione teologica gioachimita.

Le vicende connesse al Graal rispondono quindi ad un preciso disegno divino che esige di essere realizzato nel Mondo e nella Storia; compito che assolverà Merlino, orientando gli accadimenti storico-politici fino a determinare l’affermazione di Artù, simbolo archetipico della Regalitas sacra e poi guidando le imprese mistico-iniziatiche del Cavaliere eletto, Perceval.

A ragione dunque, Il Libro del Graal, viene definito come «il testo fondatore del mito», in cui l’articolata struttura simbolica, l’intensità mistico-religiosa sostengono e indirizzano la sacra translatio del Graal dalla Terra Santa alle Valli di Avalon così unendo, chiosa ancora Zambon, «l’Oriente all’Occidente, la rivelazione cristiana all’avventura bretone, il Vangelo alla cavalleria».