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Sovranità cristiforme di S. M. Francesco II di Borbone Due Sicilie, Servo di Dio (di Carmela Maria Spadaro).

Francesco II di Borbone, Re delle Due Sicilie (Museo S. Martino, Napoli).

 

PREAMBOLO a cura della Fondazione Il Giglio (Lettera Napoletana n. 169, Napoli, gennaio 2023).

Due Sicilie: conformarsi a Cristo, la regalità in Francesco II di Borbone.

Il modello di regalità di Francesco II di Borbone era quello della Christiformitas (conformità a Cristo), ereditato dai Normanni e dall’insegnamento francescano sulla povertà e la sobrietà, che aveva influenzato i sovrani angioini.

Un articolo della professoressa Carmela Maria Spadaro, dell’Università Federico II, (A Deo coronato. Sovranità Cristiforme e rappresentazioni del potere nel Regno di Napoli tra Normanni, Angioini e Borbone, in Italian Review of Legal History n. 8, 2022) ricostruisce la continuità con “la Monarchia di re Ruggero, più volte richiamata dall’ultimo Re delle Due Sicilie.

La condotta politica del Sovrano “a Deo Coronato” (cioè, che doveva a Dio il suo potere) – osserva la studiosa – si ispirava al modello della somiglianza a Cristo e il mosaico conservato a Palermo, nella chiesa della Martorana, che raffigura Ruggero il Normanno mentre riceve, il 25 Dicembre 1130, la corona da Cristo sintetizza questa concezione della sovranità.

«Il trono di Ruggero, riportato in vita da Carlo III, rappresentava per Francesco II – scrive l’autrice dell’articolo – il punto di inizio del Regno delle Due Sicilie; era il rispetto della sua identità ciò che dava continuità politica alla sovranità legittima, così come conferita da Dio all’iniziatore della monarchia siciliana e perciò ad un Regno che era nato e si era conservato nella sostanza come autonomo, indipendente, pacifico e pienamente cristiano».

«Nessun cerimoniale di incoronazione aveva accompagnato la sua (di Francesco II, n.d.r.) ascesa al trono – aggiunge Carmela Maria Spadaro – ed in verità, a parte Carlo, nessuno dei sovrani borbonici aveva celebrato un rito specifico al momento di salire al trono; né si trovano immagini di questi regnanti ritratti con la corona posizionata sul capo, ma sempre di lato o tra le mani.

Ancora una volta le immagini traducono il linguaggio della politica: secondo la concezione della regalità che i Borbone abbracciarono, gli unici sovrani erano Cristo e la Vergine Immacolata, a cui essi consacrarono il Regno, mentre i re erano soltanto governatori in loro nome.

È una sovranità che spesso si esprime nella semplicità dello stile di vita, rappresentata nei quadri che li ritraggono nella quotidianità familiare e quasi borghese oppure nella solennità severa delle uniformi militari indossate come per rappresentare lo stato di servizio permanente che rientra tra i doveri principali della regalità. Francesco II vi è quasi sempre ritratto in uniforme militare; le uniche foto borghesi sono relative alla fase della sua vita successiva alla perdita del trono».

«Il 13 febbraio 1861, dopo la resa di Gaeta, l’ultimo Re delle Due Sicilie avrebbe scelto di conservare il solo titolo di duca di Castro, che rientrava tra i titoli minori del casato, ereditati dal ramo Farnese. Era un atto di umiltà che egli compiva in piena sintonia con lo stile di vita e con la concezione della regalità vissuta ad exemplum Christi (peraltro neppure si avvalse di quel titolo, preferendo vivere nel soggiorno trentino ad Arco, nell’anonimato come “sig. Fabiani”).

Respinse anche la proposta di Napoleone III, che gli offriva di recuperare le ricchezze personali purché si allontanasse da Roma (la sua presenza infiammava gli ex sudditi ed i legittimisti a tentare di recuperare il trono) perché «quando si perde un trono, ben poco importa il patrimonio.. e stimo il decoro più della ricchezza».

La povertà non lo spaventava perché anche Cristo non aveva avuto dove posare il capo, perciò sarebbe stato “povero come tanti altri che sono migliori di me”».

La paupertas come dimensione non dominativa della regalità e l’humilitas del sovrano coronato da Dio rendevano evidenti i tratti della regalità christiformis”, conclude la studiosa.

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A Deo Coronato. Sovranità cristiforme e rappresentazioni del potere nel Regno di Napoli tra Normanni, Angioini e Borbone (prof.ssa Carmela Maria Spadaro)

Abstract

Il Cristo Pantocratore assunto come modello iconografico per rappresentare la sovranità nel Regnum Siciliae in età normanno-sveva, lasciava il posto in età angioina alla paupertas che, per effetto della predicazione francescana accolta dai sovrani napoletani, diventava elemento ineludibile di legittimità del potere regio. In una lettera scritta dal frate francescano Angelo Clareno a Filippo di Majorca, fratello della regina Sancha di Napoli, sono delineati i caratteri del sovrano cristiforme, che esercita il potere in qualità di amministratore del Regno, il cui unico titolare è Cristo: a Deo coronato è solo il sovrano che si fa povero, spogliandosi di ogni brama di potere e volontà di dominio ed usando le ricchezze pubbliche al solo scopo di provvedere alle necessità dei sudditi. La novitas francescana incentrata sul precetto del sine proprio codificato nella Regola di Francesco di Assisi, mutava la rappresentazione e le prospettive della sovranità, introducendo nel diritto pubblico del Regno concetti giuridici destinati ad ampliare la gamma dei significati di proprietas e di dominium. Con sguardo retrospettivo ed in continuità con la tradizione del Regno, l’ultimo re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone faceva appello agli antichi diritti del trono di Ruggero e di Carlo III per difendere la legittima sovranità delle Due Sicilie, richiamando così l’immagine del sovrano a Deo coronato la cui condotta politica non poteva che ispirarsi al modello della christiformitas: una prospettiva della sovranità che di lì a poco sarebbe stata travolta dagli eventi rivoluzionari in corso in tutta Europa, dei quali tuttavia potrebbe fornire un’inedita chiave di lettura, proponendosi come momento di riflessione sulla storia italiana ed europea degli ultimi due secoli.

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