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Weltanschauung del Soggetto Radicale (di René-Henri Manusardi).

 

Preambolo a cura della Redazione

Il tema del “Soggetto Radicale” si inserisce nel contesto più ampio della Metafisica del Chaos elaborato da Aleksandr Dugin. Tutto ciò pone una sfida all’uomo odierno, la quale merita di essere raccolta senza alcuna esitazione; e ciò per l’intrinseca urgenza del suo postulato: il riposizionamento del pensiero e della parola (logos) rispetto all’essere.

Oltretutto, il problema ontologico è strettamente collegato con quello della verità. Oggi siamo giunti al limite di un processo compulsivo in cui la dualistica divergenza tra soggetto e oggetto ha raggiunto il punto critico. Detto altrimenti, l’uomo “parla di qualcosa” senza più “essere quel di cui parla”: egli semmai “racconta”, determinando così l’insorgere di un sempre più estremizzato ed ipocrita “ideo-logismo”. Questo sottile spirito di menzogna, che è un escatologico “segno dei tempi”, caratterizza il logos della oramai logora “pseudo-cultura-occidentale”: e ciò avviene, purtroppo, anche per quel che riguarda la “pseudo-pratica” della sua fede religiosa.

Se il logosè in disarmo noi lo addebitiamo al fatto che esso ha del tutto misconosciuto e tradito le implicazioni ontologiche a lui derivanti in virtù della propria compartecipazione analogica con l’Ego Sum del Cristo-Logos; il Quale, proprio a causa di ciò, rimane invero occultato alla consapevolezza dell’Occidente, che sta per essere definitivamente ucciso dall’omicida anticristo attraverso le proprie stesse mani.

Seppur inserito da Dugin come semplice capitolo in un contesto di pensiero di ben più vasto respiro, quale è quello dell’elaborazione della sua Quarta Teoria Politica, il tema della Metafisica del Chaos (e con esso, quello del Soggetto Radicale) risulta di capitale incidenza nello stabilire i motivi della crisi e della decadenza della cultura occidentale, per individuarne i possibili rimedi. Tutto ciò, peraltro, va a teorizzare una visione del mondo che, tanto geopoliticamente quanto culturalmente e valorialmente, si configura come più multipolare rispetto a quella attualmente predominante, in cui l’unipolare imperialismo atlantista – mondialista e liberalistico, pseudo-democratico e cripto-oligarchico, trans-umanista ed anticristico – si presenta come la peggior insidia per l’uomo; per giunta esplicantesi, oramai, ad un livello quasi planetario.

In altre parole, occorre che si realizzi un “Grande Risveglio” per opporsi al “Big Reset” globalista.

Introdotto dal pensatore russo con l’obiettivo di pervenire alla salvezza del logos, liberandolo dal degrado causato dal proprio plurisecolare e progressivo inaridirsi in un dualismo ontologico, il recupero del Chaos implica contestualmente il ritorno a quella radice comune che contiene in potenza – senza alcuna opposizione dialettica o reciproca differenziazione – sia il soggetto che l’oggetto, sia la teoria che la prassi, sia il pensiero che l’azione, sia il mito che il rito; e così via.

In tale prospettiva, viene introdotto quello che solo apparentemente costituisce un ossimoro, ossia il cosiddetto logoscaotico. Esso è infatti una figura che ingloba in sé tanto l’identità quanto l’alterità, dacché si pone in una situazione che risulta preesistente ad ogni ordinamento ontologico; quindi ben al di là dei principi fondanti della logica aristotelica, sui quali si è interamente caratterizzato e formalizzato il logosfilosofico occidentale da duemila e cinquecento anni a questa parte.

E’ oltretutto chiaro – e Dugin lo specifica – che non siamo al cospetto di quel caos riconducibile all’omonimo moderno concetto filosofico-scientifico; concetto il quale non indica altro se non piuttosto la “confusione”, il “dis-ordine”: ovvero soltanto un modello che, seppur più complesso e particolare, rimane tuttavia sempre afferente all’“ordine”.

Quello a cui invece qui si allude è il modello originale greco di Chaos, il quale va configurato come ontologicamente precedente la venuta all’esistenza di ogni realtà ordinata. E’ questo il vero Chaos: un modello di eternità pre-cosmico e pre-ontologico, che non solo non va licenziato intendendolo come orizzontalmente parte di un passato ormai superato, ma che va anzi intuito quale eternamente soggiornante, in una verticale “eterna coabitazione”, anche e addirittura con quanto sembrerebbe essere a lui di più irriducibile: il tempo.

Data la sua natura non dialettica, la vera comprensione del Chaospresume l’attuazione di un approccio che è, come dicevamo, piuttosto intuitivo che non discorsivo; approccio, quindi, che risulta quanto mai alieno dalle inveterate modalità di “pseudo-conoscenza” sin qui perseguite dall’Occidente: sia in ambito filosofico (ed aggiungeremmo anche in quello “teologico”) che in quello più prettamente scientista. Il raggiungimento di tale condizione ontologica è posta da Dugin in diretta relazione con la figura antropologica da lui denominata Soggetto Radicale: status ontologico peraltro definibile come essere quello “cristico”, ovvero dell’Uomo Universale o Androgino primordiale.

Alla luce di tutto ciò, ringraziamo con sincera riconoscenza René-Henri Manusardi per averci cortesemente concesso di riproporre qui tale suo notevole scritto. La figura del Soggetto Radicale, infatti, così come da lui profondamente delineata, ben si identifica con quella che il Miles Christi deve perseguire ed “essere” (nel senso pienamente ontologico del termine) lungo il proprio cammino di lotta: per Cristo e contro l’anticristo.

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Weltanschauung del Soggetto Radicale

 

Weltanschauung crepuscolare e luminosa

Il Soggetto Radicale risvegliato nel Sole di Mezzanotte, nell’ipogeo della Postmodernità, nel solstizio d’inverno dell’Occidente, immerso nella stasi d’un buio equinozio esistenziale guarda a ritroso il crepuscolo di un mondo che è crollato e nei suoi foschi bagliori finali vede in avanti la luce di un nuovo mondo, il mondo della Civiltà multipolare, per cui egli vive e combatte qui e ora. Quel nuovo inizio della Tradizione, dell’Imperium, della Terra promessa il cui limes egli, come Mosè non potrà mai oltrepassare e che altri godranno, perché lui ultrauomo di confine e di frontiera, serafino con un abito di carne, insensibile persecutore del male cosmico, tornerà misteriosamente alle radici da cui è emerso, le radici del desiderio di Dio che stanno nell’Eden con Michele e i suoi angeli a corona del trono di Dio e che alimentano l’albero della Vita:

«Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, la terra di Èfraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar. Il Signore gli disse: “Questa è la terra per la quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: ‘Io la darò alla tua discendenza’. Te l’ho fatta vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!”. Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nella terra di Moab, di fronte a Bet Peor. Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba». [1]

La Weltanschauung (visione del mondo) del Soggetto Radicale è un orizzonte di lotta continua, che si traduce nella realizzazione dell’ascesi contro il proprio ego (Grande Guerra Santa) e della battaglia metapolitica, geopolitica e militare per il trionfo della Civiltà multipolare contro il nuovo ordine mondiale unipolare del Grande Reset e del finis Storiae (Piccola Guerra Santa):

«Nella postmodernità tutto ciò viene soppiantato da dividui, cyborg ed entità postumane. Al posto della realtà c’è la virtualità; al posto dell’intelligenza, l’Intelligenza Artificiale; al posto dell’uomo, il post-uomo; al posto del razionalismo moderno, la schizofrenia di Deleuze e Guattari. È una società liquida (Bauman) in cui tutto si dissolve. In realtà, non è nemmeno una società, ma una distruzione caotica delle strutture che sprigiona una gran quantità di energia, subito dissolta in un processo entropico. È un’ininterrotta caduta verso il basso». [2]

In vista di una futura epopea di pace, la Weltanschauung propria del Soggetto Radicale non prospetta una visione di pace, non perché egli non ami la pace ma perché il suo compito è lo sterminio del male che ferve nel cuore della lotta, nella pugna, nella mischia, nel centro della battaglia. Il Soggetto Radicale si risveglia, vive, lotta e muore per questa guerra cosmica che è e che resta l’unico suo orizzonte esistenziale, la sua umana realizzazione e la sua piena felicità: “Si vis pacem para bellum”.

Soggetto Radicale significa essere ordinato alla morte per la Vita, alla guerra per la Pace, alla lotta per la Vittoria finale vedendole solo da lontano senza poter attraversare il loro limes, senza poterle condividere, senza potere vivere in esse, senza poterle gustare. Perché il suo compito è solo quello di permetterne la realizzazione, perché la sua vocazione è quella di essere puro assalto, perché il suo destino è quello di sparire nella pugna e di scomparire subito, una volta realizzata l’Impresa: le ali d’angelo, frullando lo riportano ipso facto e con furore mistico alle fonti del desiderium Dei.

Il Soggetto Radicale è come un costruttore di Cattedrali: quando ne ha finita una, parte per il santo viaggio verso una nuova costruzione spirituale, non fermandosi mai ad opera compiuta. Il Soggetto Radicale è come un pellegrino: una volta giunto a destinazione riparte subito, senza accasarsi, verso gli orizzonti infiniti del divino vagabondare. Il Soggetto Radicale è come un esploratore dei sentieri della mistica divina: ha iniziato un viaggio verso l’infinito che egli sa essere interminabile fino a che non avrà spento la sua sete di Dio, il suo desiderium Dei al cospetto della Sua Presenza.

Weltanschauung imperiale

Il cuore della Weltanschauung del Soggetto Radicale è la lotta per la nascita dell’Imperium nella Civiltà multipolare. La sua tensione imperiale non è solo tensione metapolitica, ma è realizzazione escatologica sulle orme e nella luce dell’Apocalisse, la Divina Rivelazione dei Tempi Ultimi:

«Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell’ira furiosa di Dio, l’Onnipotente. Sul mantello e sul femore porta scritto un nome: Re dei re e Signore dei signori. Vidi poi un angelo, in piedi di fronte al sole, nell’alto del cielo, e gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano: “Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei comandanti, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi”. Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni». [3]

La logica dell’Imperium è quindi una logica escatologica innescata dalla buona volontà dei Soggetti Radicali pronti a vivere e a morire per essa in quanto realizzazione del desiderium Dei ai singoli, alle comunità, alle etnie, ai popoli confederati, è il dominio dello spirituale sul mentale e sul materiale nel mondo, è il dominio dell’anima sulla mente e sul corpo nell’essere umano. Come il governo dell’anima con l’aiuto di Dio è intollerante nei confronti dei vizi capitali ma è tollerante e paziente nei confronti della crescita di comprensione mentale del mistero di Dio e delle debolezze del corpo, così il governo spirituale dell’Imperium con l’aiuto di Dio è intollerante nei confronti della violazione del diritto naturale ma è tollerante e paziente nella difesa delle confessioni religiose storiche e dei popoli che le hanno abbracciate, ponendosi con la figura dell’Imperatore quale mediatore di pace, di accordo interetnico e transnazionale, di padre dei loro bisogni e delle loro esigenze.

Il futuro Imperatore, a immagine di Cristo quale Re dei re e Signore dei signori, non sarà come un despota dell’antico Oriente né come un tiranno dell’antica Grecia, né come un Signore del Rinascimento e nemmeno come un sovrano dell’Assolutismo. Governerà per grazia di Dio e volontà dei popoli che lo hanno liberamente scelto, governerà l’Imperium confederato con la moderazione di un’istituzione che ricordi la Dieta e gli Stati Generali, in cui sarà corporativamente affiancato dai meliores del Popolo, dell’Aristocrazia intellettuale, dei Santi della Chiesa, quale segno efficace della struttura vivente della Societas Indoeuropaea.

Più che un Impero fondato sulla monarchia dinastica, che è profondamente naturale ma altrettanto limitativa e legata a spartizione di interesse familiari che diventano poi una ragnatela inestricabile, e che può essere legittimata solo in situazioni di governo tribale dove il Capo e la sua famiglia garantiscono l’equità e la protezione di tutte le tribù appartenenti all’etnia (vedi ad es. il governo della Cecenia), la futura elezione dell’Imperatore dovrebbe avvenire per via elettiva, come già avvenne nella Roma arcaica, nello Stato Pontificio, nella Repubblica di Venezia e nella Polonia dei secoli forti, in cui la Res Publica polacca attraverso la convocazione della Dieta eleggeva il proprio monarca tra quei nobili considerati più idonei a governare lo Stato. Solo per questo grande ideale, scevro da immondi interessi di parte, il Soggetto Radicale lotterà e combatterà fino alla morte, consegnando il nuovo Imperium ai popoli d’Europa e alla Storia dei Tempi Ultimi.

Gottschauung, la visione di Dio

La Gottschauung (visione di Dio) propria del Soggetto Radicale e che fonda la sua Weltanschauung è una visione sostanzialmente di risveglio apocalittico, vissuta sperimentalmente nelle profondità della propria anima con «l’immersione nella gelida cascata delle acque materiali e infernali» [4] della Postmodernità, ad imitazione e completamento delle sofferenze di Cristo per la sua trasformazione spirituale in ultraguerriero igneo custode del fuoco della Tradizione. In tale visione di Dio, convergono sia l’aspetto di purificazione (kenosis) e di svuotamento di sé (katharsis):

«Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: “Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?”. Gli risposi: “Signore mio, tu lo sai”. E lui: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”»; [5]

sia l’aspetto di guerra violenta contro il male e contro i suoi accoliti a fianco dell’Arcangelo Michele e dei suoi angeli:

«Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è disceso sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo”». [6]

Nella Grande Guerra Santa vissuta nell’intimità e nelle profondità della propria anima, la buona battaglia quotidiana del Soggetto Radicale consiste nel controllo della mente da parte dell’anima, attraverso una lotta contro tutti quei pensieri che lo distraggono dall’ascolto della volontà divina che si manifesta attraverso la docilità all’azione dello Spirito Santo vissuta nella sua Presenza. Tutto ciò che ostacola la preghiera, il silenzio, l’adorazione, il colloquio con Dio ossia il mondo della distrazione e della dimenticanza di Dio alimentato dalla tentazione diabolica che impone agli umani la paralisi esistenziale di un ateismo pratico di taglio edonistico, deve essere il leitmotiv che scatena l’umile e altrettanto violenta reazione del Soggetto Radicale. Egli respinge la distrazione e la recide nel suo sorgere attraverso la radicalità del silenzio della mente: «Sta in silenzio davanti al Signore e spera in lui» [7]; attraverso la forza dell’abbandono dell’anima a Dio: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» [8]; attraverso la pratica dell’umiltà e dell’invocazione del Nome Divino scagliato qual dardo di fuoco contro le milizie delle tenebre per atterrirle e metterle in fuga: «Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò sè stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore!”, a gloria di Dio Padre» [9].

La battaglia implacabile per mantenere in sé la continua visione di Dio, il Soggetto Radicale la deve alimentare con il desiderium Dei che è desiderio d’amore angelico e umano, che accomuna gli angeli di Dio e gli uomini nell’amore al Padre celeste. Esso ci viene mirabilmente insegnato dall’Autore della Nube della non-conoscenza che afferma che il desiderio di Dio è l’unico atto spirituale che ci fa crescere interiormente nell’unione con Dio e che ci permette di stare al cospetto della nube oscura della Divina Presenza:

«Perciò, se vuoi tenerti in piedi e non cadere, non recedere mai dal tuo fermo proposito: colpisci a più riprese la nube della non-conoscenza che si trova tra te e il tuo Dio, con la freccia acuminata del desiderio d’amore. Non aver l’ardire di pensare a qualsiasi cosa inferiore a Dio, e non venir via di lì qualunque cosa capiti. È solo grazie a questo lavoro che puoi sperare di distruggere il fondamento e la radice del peccato. Se anche dovessi digiunare oltre misura o vegliare fino a tarda notte o alzarti alle prime luci dell’alba o dormire su un tavolaccio e portare il cilicio (…), tutto questo non ti servirebbe assolutamente a niente. Sentiresti ancora dentro di te gli stimoli e gli impulsi del peccato. E c’è di più: se anche dovessi piangere lacrime di dolore per tuoi peccati o per le sofferenze di Cristo, o pregustare le gioie del cielo, a che servirebbe? Certamente ricaveresti molto bene, un grande aiuto e giovamento e, in definitiva, molta grazia. Ma in confronto a questo cieco slancio d’amore è veramente ben poca cosa quel che può farti tutto ciò, se manca l’amore. Proprio in questo, e non in altro, consiste “l’ottima parte” che Maria ha scelto. Tutto il resto, senza di essa, è praticamente inutile. E questo amore non solo distrugge il fondamento e la radice del peccato, per quel che è possibile nella vita presente, ma in più suscita le virtù. Infatti, se c’è l’amore, tutte le altre virtù vi sono comprese in maniera vera, perfetta e sensibile, senza che nulla renda meno retta la nostra intenzione. Se manca l’amore, invece, si possono avere tante virtù quante se ne vogliono: saranno tutte in qualche modo viziate da un’intenzione non retta, e quindi imperfette. Infatti, la virtù non è altro che una tendenza dell’animo ben ordinata e misurata, rivolta direttamente a Dio per amor suo. Perché? Ma è lui, in sé stesso, la pura causa di tutte le virtù! Tanto è vero che se qualcuno fosse spinto a ricercare una particolare virtù per motivi diversi, anche se Dio fosse il motivo principale, una virtù del genere sarebbe imperfetta. E questo lo si vedrà meglio prendendo come esempi una o due virtù, quali l’umiltà e la carità. Chiunque possiede veramente queste due virtù non ha bisogno d’altro: ha già tutto». [10]

Lebenschauung, la visione della vita

Cosa resta della Lebenschauung (visione della vita) del Soggetto Radicale se la sua Weltanschauung è una lotta permanente e gratuita per l’Imperium improntata al sacrificio estremo senza futura fruizione da parte sua, e la sua Gottschauung è un’ascesi continua dello spirito per vivere alla Divina Presenza e una battaglia indefessa dell’anima per sconfiggere la mente che mente e che trascina il corpo nell’oziosità e la sua quotidianità nell’ateismo pratico? Si pone dunque inequivocabilmente il problema esistenziale della felicità e del rapporto esistente tra sacrificio e felicità, problema e rapporto che il Soggetto Radicale non può certo bypassare e che egli risolve nel gusto per la lotta interminabile, nel gusto per la lotta fine a sé stessa del qui e ora. La visione della vita del Soggetto Radicale nella sua intimità più profonda è dunque rappresentata dal desiderium Dei che non si manifesta negli affetti familiari ed amicali né nelle soddisfazioni professionali, ma si rivela esclusivamente nella ferma volontà di combattimento fino al sacrificio estremo, attraverso una naturale propensione alla ricerca della gloria di Dio e della propria gloria personale, sostenute dalla visione dell’Imperium quale futuro Ordine Divino del mondo (Cosmos) di ordine teologico, metafisico e metapolitico innescato dalla Metafisica del Caos quale origine e parte integrante creativa (logos caotico) del futuro Cosmos.

Questa Lebenschauung che si manifesta come tensione tra felicità, ricerca della gloria e sacrificio supremo e che manifesta questa felicità solamente nel gusto per la lotta continua, indefessa e interminabile chiarisce la struttura neurocerebrale e mentale tipicamente guerriera propria del Soggetto Radicale. Anche il margine sottile che lega il gusto per la violenta battaglia al sadismo ossia al gusto di far soffrire e di annientare il nemico, viene qui consapevolmente superato attraverso una inizialmente rigorosa e poi naturalmente spontanea pratica della apatheia ossia dell’impassibilità, dell’imperturbabilità nel compiere gli atti propri della guerra convenzionale o non convenzionale, la qual cosa non farà mai del Soggetto Radicale un assassino a sangue freddo, bensì un giustiziere che combattendo in modo angelologico, dagli stessi angeli privi di corporeità e intrisi di pura e forte energia spirituale egli riceve il dono della freddezza, della determinazione, dell’indomito coraggio, dell’offrirsi lì dove è agli apici il furore della lotta, dell’avanzare imperterrito senza mai arretrare e senza mai contare il numero dei nemici che si trova di fronte.

Il sacrificio del Soggetto Radicale, la sua oblazione è un atto di puro amore, è l’atto del donare, l’atto del donarsi per gli altri, per il Popolo, è un atto di aristocrazia guerriera ineguagliabile che lo proietta tra gli eroi, tra la stirpe degli eroi immortali. Sulla qualità del dono e sulla vocazione al sacrificio per il bene e per un nuovo mondo, concludiamo citando l’ineguagliabile energia spirituale di Léon Degrelle che nel suo libro Militia, con le sue parole di fuoco così esorta e consola anche noi consimili eurasiatisti nella realizzazione del futuro Imperium e della Civiltà multipolare contro il satanismo unipolare nemico della stirpe umana:

«Il dono, il vero dono è così: annientarsi sino all’ultima favilla. (…) Mi ricordo tre parole che un giorno avevo decifrato su una tomba di marmo nero giù a Damme in Fiandra, dentro una chiesa della mia patria perduta: ETSI MORTUUS URIT. “Seppur morto, egli arde…” La felicità esiste solo nel dono, nel dono completo; il suo disinteresse gli conferisce sapori d’eternità; esso ritorna alle labbra dell’anima con una soavità immortale. Donare! Aver visto occhi che brillano per essere stati compresi, colpiti, appagati! Donare! Sentire le grandi onde di felicità che fluttuano come acque danzanti su di un cuore pavesato all’improvviso di sole! Donare! Aver colto le fibre segrete che tessono i misteri della sensibilità! Donare! Avere il gesto che consola, che toglie alla mano il suo peso di carne, che consuma il bisogno di essere amato! (…) Il secolo non sprofonda per mancanza di supporto materiale. L’universo non è mai stato così ricco, colmo di tanto benessere, grazie a una industrializzazione di tale efficacia produttiva. Non vi sono state mai tante risorse, né tanti beni disponibili. È il cuore dell’uomo, solo lui, ad essere in stato fallimentare. È per mancanza di amore, è per mancanza di fede e capacità di donarsi, che il mondo stesso si abbatte sotto i colpi che lo assassinano. (…)

«Un grande ideale dà sempre la forza di dominare il proprio corpo, di soffrire la fatica, la fame, il freddo. Che importano le notti bianche, il lavoro opprimente, gli affanni o la povertà! L’essenziale è avere in fondo al proprio cuore una grande forza che rianima e spinge avanti, che rinsalda i nervi, che fa pulsare a forti battiti il sangue stanco, che infonde negli occhi il fuoco ardente e conquistatore. Allora più nulla dà sofferenza, il dolore stesso diviene gioia perché esso è un mezzo di più per elevare il suo dono, per purificare il suo sacrificio. (…)

«Noi usciremo fuori da questo decadimento solo attraverso un’immensa rettificazione morale, insegnando di nuovo agli uomini ad amare, a sacrificarsi, a vivere, a lottare e a morire per un ideale superiore. In un secolo in cui si vive soltanto per sé, occorrerà che centinaia, migliaia di uomini non vivano più per sé stessi ma per un ideale comune, disposti sin dall’inizio a sostenere per esso tutti i sacrifici, tutte le umiliazioni, tutti gli eroismi. Contano soltanto la fede, la fiducia ardente, l’assenza completa di egoismo e di individualismo, la tensione di tutto l’essere verso il “servizio” – per quanto ingrato possa essere, ovunque esso si svolga –, il servizio di una causa che va al di là dell’uomo, e che esige da lui tutto, senza promettergli nulla. Contano soltanto le qualità dell’anima, le sue vibrazioni, il dono totale, la volontà di tener alto al di sopra di tutto un ideale, nel disinteresse più assoluto. Giunge l’ora in cui, per salvare il mondo, vi sarà bisogno del pugno di eroi e di santi che faranno la Riconquista. (…) Che il destino ci trovi sempre forti e degni!». [11]

René-Henri Manusardi

 

Articolo già pubblicato sul seguente blog:

www.ideeazione.com  (01.06.23)

 

NOTE

[1] La Sacra Bibbia, Deuteronomio 34, 1-6.

[2] A. Dugin, Il Sole di Mezzanotte. Aurora del Soggetto Radicale, AGA Editrice, Milano 2019, p. 13.

[3] La Sacra Bibbia, Apocalisse 19,11-21.

[4] A. Dugin, Il Sole di Mezzanotte. Aurora del Soggetto Radicale, AGA Editrice, Milano 2019, p. 41.

[5] La Sacra Bibbia, Apocalisse, 7,13-17.

[6] Ibidem, 12, 7-12.

[7] La Sacra Bibbia, Salmo 37,7.

[8] La Sacra Bibbia, Vangelo di Luca 23,46.

[9] La Sacra Bibbia, Filippesi 2,5-11

[10] Anonimo Inglese del XIV secolo, La nube della non-conoscenza e gli altri scritti, Ed. Ancora, Milano 1983, Cap. 12, pp. 156-158.

[11] Léon Degrelle, Militia, a cura di Giorgio Freda, Edizioni di AR, Padova 1977, pp. 23, 26, 31, 166-167, 155.