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Polis e Impero (di Aleksandr Dugin)

 

Presentiamo un interessantissimo contributo del filosofo russo A. Dugin, riguardante la concezione politico-filosofica dell’Impero. (La Redazione)

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Intervento di Aleksandr Dugin alla Conferenza online “Polis e Impero”, registrato in data 16 luglio 2021, sul Canale YouTube di Idee&Azione: https://www.youtube.com/@ideeazione5559

Con la partecipazione di Lorenzo Maria Pacini e Giacomo Maria Prati.

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Molte grazie, molte grazie a voi, a Lorenzo, a Giacomo Maria Prati per le parole (di elogio n.d.r.) che credo siano troppe. Perché io stesso pur essendo un rappresentante della Grande Tradizione, non sono nessuno individualmente, sono il continuatore della Grande Tradizione, una piccola parte della catena dei pensatori che erano molto più grandi di me, per questo sono il servitore della causa, niente più.

Per parlare dell’argomento, credo che bisogna introdurre una differenziazione molto importante e molto attuale per comprendere i problemi differenti della politica, della filosofia, della cultura. Propongo, ho proposto, sto proponendo due termini, penso, molto importanti per comprendere tutto: internalità ed esternalità, interno ed esterno. Questi termini non corrispondono direttamente con le modalità eso- ed exo- dell’esoterismo di Guénon e di Evola. Questi due termini corrispondono piuttosto al modo di porre o situare il “centro”, ossia dove noi poniamo il “centro”.

Possiamo porre il “centro” dentro di noi, all’interno di noi. E questa internalità assoluta coincide precisamente con il Soggetto Radicale o con l’intelletto attivo di Aristotele. Aristotele nel suo Trattato sull’Anima, ha spiegato molto bene che il centro assoluto dell’anima è l’intelletto attivo e ci sono anche altre parti dell’anima che sono le parti dell’intelletto passivo L’intelletto attivo con l’intelletto passivo formano l’unità dell’interiorità.

Ma questo manca nella tradizione filosofica della Modernità. Precisamente, questa idea che dentro, nell’interiorità dell’anima, esiste qualcosa, una cosa che è più interiore e intima, più interiore dell’interiore stesso ed è trascendenza immanente in noi, dentro di noi, non fuori di noi. Questo esattamente è il centro dell’interiorità e l’elemento o la caratteristica centrale, essenziale, di questa internalità è la libertà assoluta.

Quando noi poniamo questo centro nell’interiorità assoluta, non ci sono limiti, non c’è la necessità. E, uscendo da questa centralità intima, più interiore che l’interiore stesso, possiamo creare o sviluppare la visione spirituale e questa è l’internalità, cioè quando il punto centrale è l’intelletto attivo o Soggetto Radicale, totalmente libero, libero da tutte le limitazioni. Quando comincia a comunicare con l’intelletto passivo, con questa passività, appaiono aspetti di levitazione, ecc.

Andando in questo senso dall’interiore verso l’esteriore, finalmente nella frontiera di questo cammino dall’interiore verso l’esteriore, nel limite appare il corpo. Ma il corpo, la materia, la materialità, non è esternalità, non è esterna ma è continuazione nella logica di questa internalità stessa. Il corpo è il concetto individuale, la materia è la cosa che esiste grazie a questa interiorità, a questo intelletto attivo e non da sé stessa.

Questa è la visione dell’internalità, ma possiamo porre il centro ontologico fuori di noi, fuori dalla nostra anima, fuori dalla visione platonica e aristotelica, classica, cristiana, del Medioevo. Fuori, fuori dall’interiorità, qui comincia la Modernità, questa trasformazione del centro. Dove poniamo il centro dell’essere, fuori o dentro? È molto importante, c’è bisogno di porlo nell’intimità, nel centro dell’interiorità, non nella periferia. Osiamo sempre sbagliare nella differenza che intercorre tra intelletto attivo e intelletto passivo, ma l’intelletto attivo è interiore, è il centro dell’interiorità.

Questo è il centro, l’essenza dell’essere, nell’internalità, ma la Modernità ha posto questo centro al di là, oltre questa anima, nell’esternalità che non esiste, nello spazio vuoto e illusorio, nella menzogna, nell’errore, fuori dall’ontologia dell’internalità. Questa, è una rivoluzione metafisica o meglio antimetafisica, quella cioè di trasformare il centro dell’essere fuori, oltre questa internalità.

Ossia, dare a questo vuoto, a questo niente che sta fuori da tutta l’internalità, dargli le proprietà della realtà, di Dio, poiché tutto sta nell’esternalità, Questa esternalità ha una caratteristica essenziale: è necessità, tutto è necessario, tutto è limitato, tutto è definito nell’esternalità, perché questa esternalità è antonimo della libertà e sinonimo della schiavitù.

Per questo, quando abbiamo la Polis come centro della nostra visione, del nostro interesse, dobbiamo dall’inizio definire che esistono due modi di capire, di concepire la Polis. Polis come esternalità, Polis esternale e Polis internale. La Tradizione classica, platonica, aristotelica, di Sant’Agostino, cristiana del Medioevo: tutte queste forme di cultura e di civiltà, riguardavano sempre la Polis sotto l’aspetto internale.

Esiste una visione della Polis radicalmente opposta, secondo cui la Polis è necessità, che è costruita per guardare alle cose materiali, per difenderla contro i nemici. Tutti i poteri dell’apparizione, del senso, del destino della Polis bisogna ridurle a queste due forme: parliamo della Polis dell’internalità o parliamo della Polis dell’esternalità. Tutta le spiegazioni della Polis che cominciano con esternalità, con necessità, con sviluppo materiale, con ragione esternale sono tutte sbagliate. Tutto questo bisogna porlo a lato e dimenticarlo.

Bisogna sviluppare questo discorso sulla Polis non in modo ideale, non solo ideale, come nel caso di Platone o della Città di Dio di Sant’Agostino, ma La Polis che unicamente esiste è la Polis esistenziale, non c’è nessun’altra Polis al di fuori di questa Polis internale. Tutti i nomi della Polis, l’idea di Polis, la Repubblica di Platone come Trattato più importante politico e platonico nello stesso tempo – questo è il testo numero uno della filosofia e il testo numero uno della politica – non è una coincidenza casuale. Questa è l’idea che la Polis è filosofica, è metafisica, spirituale, sacra, tradizionale dall’inizio, perché la Polis è precisamente la cifra dove sta il centro, dove sta il Soggetto Radicale, dove sta questa libertà, dove sta questo punto più alto delle gerarchie dell’ordine.

Per questo la Polis è precisamente il fenomeno più grande, più importante. La Polis è sempre la capitale, il centro assoluto e per questo la Polis è un’immagine della Gerusalemme celeste nella tradizione cristiana. Tutta la Polis, la Polis vera e l’unica Polis che esiste, tutte le Polis che esistono sono discendenti, sono sviluppi di questa unica Polis. Roma, precisamente, era concepita così e per questo noi, i Russi, chiamiamo Mosca la Terza Roma, perché essere Roma è essere Polis, essere Polis è essere il centro assoluto.

La politica è tutto quello che ha relazione con questo concetto internale della Polis. Politica è Polis e tutto ciò che sta intorno alla Polis. Tutta la politica deve incominciare dal centro più importante: dalla filosofia, dalla metafisica e senza questo la politica non è politica. È una forma di riorganizzazione dell’esternalità, ma esternalità è un concetto anti-ontologico, è un errore, per questo dobbiamo riesplorare la divinità della vera e propria politica. Non c’è altra politica, al di fuori di questa unica politica, che precisamente deve essere compresa e capita in questa geometria metafisica, spirituale e filosofica.

Secondo la Modernità, al contrario, esistono solo e davvero le cose esternali, le cose che coincidono con la realtà (visibile n.d.r.).  La realtà per la Modernità è la realtà nominalista, quella realtà delle idee secondo cui solo le “cose” esistono, ma i sensi, gli universali, tutto ciò che è spirituale non esiste. Le cose esistono, le anime non esistono. Le anime sono i nomi, non stanno dentro le cose, ma stanno fuori dalle cose, i nomi stanno fuori dalle cose. I nomi non coincidono, non hanno la realtà interiore, non c’è questa dimensione interiore, non c’è internalità con l’inizio di questa Modernità che possiamo vedere con Roscellino, Gioacchino da Fiore e, nell’Ordine francescano, con Ockham e Duns Scoto, essi rappresentano tutta una tradizione la quale connota questo Medioevo.

Già nel Medioevo quindi è cominciata questa deviazione, questa preparazione per organizzare la metafisica dell’esternalità. Questa metafisica poi infetta l’Impero, infetta la scienza. Così, la scienza è esternale, la politica è esternale, la società è esternale, la cultura è esternale. Ma tutto questo movimento è precisamente il passaggio dall’internalità all’esternalità.

Il mondo, tutto il giorno, ogni giorno, diventa il mondo moderno e postmoderno, diventa sempre più esternale, più atomizzato. Il mondo si sta muovendo: politica, tecnologia, cultura, stanno muovendo il centro sempre più all’esterno – dell’esterno – dell’esterno. Per questo tutte le cose si distruggono, tutte le società, l’uomo, la salute, tutto! Questa è una disintegrazione di tutto, perché? Perché hanno perso il centro internale. Ma negando l’esistenza stessa dell’internalità, quando passano dal realismo al nominalismo hanno già distrutto lo Stato, hanno distrutto l’Impero, hanno distrutto la filosofia, hanno distrutto la religione, la gerarchia, l’ordine, la bellezza, tutto veniva distrutto in questo processo di passaggio dall’internalità all’esternalità.

Risulta molto importante, non solo dare questo tipo di giudizio che era già stato asserito da Guénon e da Evola, giudizio totalmente corretto che il mondo moderno è totalmente anormale, non è il mondo, è una perversione, una parodia, una grande parodia del mondo e non il mondo stesso, non è cosa, non è bello, non è giusto, non è reale. È molto importante capire che quando pretendiamo che la realtà sta fuori dalla nostra anima, fuori dal nostro intelletto, dal nostro centro, dopo questa affermazione tutto è perso, tutto!

Non è possibile salvare lo Stato, la politica, la cultura, la filosofia, l’educazione, senza fare la guerra contro questa esternalità. Perché accettando l’esternalità nella scienza, nella politologia, nell’arte, nel tutto, nella storia, accettando la necessità come aspetto dell’ideologia che muove il tempo, la società, necessità che muove la società e non la libertà. Dopo questa accettazione, dopo questa privazione, dopo questa esternalità tutto è finito, non possiamo difendere niente. Accettando i concetti della scienza moderna, della politica moderna, della cultura moderna, la Modernità è precisamente questa esternalità. La Modernità coincide con l’esternalità e la Tradizione coincide con l’internalità.

Possiamo intraprendere uno sviluppo di tali concetti. Possiamo parlare della differenza tra Impero e Stato. Come Giacomo Maria Prati ha detto giustamente, l’Impero è differente dallo Stato non grazie alla grandezza dei suoi territori. Si tratta di una sacralità e lo Stato può essere sacro o può non esserlo, mentre l’Impero non può essere non sacro. L’Impero non sacro è l’imperialismo, è una grande parodia. L’Impero è sacralità, coincide col concetto della sacralità. Lo Stato a volte coincide, a volte non coincide. Lo Stato può divergere da questo, da questa sacralità, l’Impero non può divergere. Per questo tra Stato e Impero la differenza è qualitativa e non quantitativa. Un grande Stato non è tuttavia Impero. Possono esistere piccoli Imperi, veri Imperi ma non grandi. Gli Stati possono essere più grandi degli Imperi, Stati non imperiali. Ed è qui interessante delineare la corrispondenza tra intelletto attivo e intelletto passivo. Lo Stato lo possiamo comparare con l’intelletto passivo, che è un recipiente dell’intelletto attivo, è una forma che riceve l’intelletto attivo e trasforma e riorganizza l’esteriorità.

L’esternalità non esiste, è un concetto, meglio dire un’epistemologia radicalmente sbagliata. La Modernità è erronea in assoluto, è un errore da negare radicalmente. Ma distruggendo l’esternalità non distruggiamo l’esteriorità. Le cose esteriori possono esistere, esistono nella linea che separa niente e tutto, essere e non essere. In questa linea, in questa frontiera esistono le cose esteriori, ma di più esteriore non c’è nulla secondo Platone, Aristotele, secondo Tommaso d’Aquino, secondo tutta la filosofia vera e la fisica vera. Fuori dall’interiore non c’è nulla, non c’è niente.

Nella frontiera tra interiorità e niente, c’è l’esteriorità, ci sono le cose interiori che produciamo fenomenologicamente noi stessi, ma non noi stessi come portatori dell’intelletto passivo, ma come recipienti dell’intelletto attivo, del Logos che lavora dentro di noi e con noi, attraverso di noi, che passa per mezzo di noi. E possiamo dire che lo Stato, normale, abituale, generale, comune, risponde a questo intelletto passivo, ma l’Impero coincide con l’intelletto attivo. Impero e monarchia su cui riflette San Tommaso d’Aquino, questa monarchia sacra è precisamente intimità assoluta, interiorità più interiore che l’interiore stesso.

Qui possiamo comprendere meglio la storia della grotta di Platone, e precisamente chi è il Re Filosofo. Il Re Filosofo, secondo Platone è il personaggio che sale dalla grotta per vedere la realtà solare, la realtà fuori dalla grotta. Ma questo è il viaggio verso sé stesso, non il viaggio verso altre persone, altri popoli, altri stati, altri paesi. È un viaggio in sé stesso, questa esplorazione della sua propria interiorità, del suo proprio impero interiore, e questo è molto importante perché il vero impero è sempre l’impero interiore o intimo.

Questo filosofo, il re filosofo, è precisamente figura imperiale, figura spirituale e sacrale che trascende sé stesso e arriva al centro dove sta questo intelletto attivo che è descritto in Platone con il sole, il sole che crea tutte le cose, non solo la luce. Tutte le cose sono i prodotti della luce, la luce è una forma creatrice. La luce intellettuale non solo spiega o dà a comprendere e capire le cose, la luce crea, la luce è il Creatore, il Logos. Il Logos principalmente è questo intelletto attivo che sta nel centro dell’Impero. Ed è per questo che la differenza tra Stato e Impero può essere precisamente la differenza tra interiore e intimo.

Come diceva Dietrich von Freiberg (1250-1310), grande filosofo cattolico domenicano, affermando che c’è l’uomo interiore e c’è l’uomo intimo. L’uomo intimo sta dentro, nell’interiorità dell’uomo interiore. C’è l’uomo esteriore che sta alla frontiera col niente. C’è un uomo interiore e c’è un terzo uomo intimo, homo intimus. Questo coincide precisamente con il Soggetto Radicale che è esattamente la figura imperiale. Il Soggetto Radicale è imperatore nascosto, imperatore vero, eterno, che non può non esistere.

Nel mondo attuale tutto ci dice che tale figura non c’è, che non c’è lo Stato, il cosmopolitismo, il globalismo, la società civile, non c’è lo Stato tradizionale, non c’è l’Impero, non c’è l’Imperatore. Ma ciò non è possibile: quando non c’è l’Imperatore non c’è niente. Se le cose esistono, esistono solo grazie al Logos. Senza il Logos non c’è niente, non c’è nulla. Questo è l’aspetto paradossale di tutto il discorso, anche il discorso sullo Stato e sull’Impero. Se lo Stato è, se l’uomo è, se la cultura è, se la società è, il Logos, il Soggetto Radicale, l’intelletto attivo è qui, è qui!

Senza questo aspetto, senza questo imperatore nascosto, niente sarebbe possibile e tutte le pretese dell’esternalità che le cose possano esistere da sé stesse è falsità, menzogna, è una calunnia, una forma blasfema, una blasfemia ontologica precisamente. Perché senza il Logos niente, niente! Possiamo rubare, prendere tutto ciò che il Logos fa e dire falsamente che queste cose esistono, sentono, ma questo è un atto criminale, è rubare, è prendere le cose che non appartengono a noi. Tutta questa scienza, tutta questa civiltà moderna, liberale o comunista o nazionalista, tutte queste realtà vivono di questo furto delle idee “che le cose che non sono pretendono d’essere”. Ma questa è una grande parodia, e un’illusione nera della scienza e della cultura moderna.

Per questo l’Impero è eterno e Roma è eterna. Perché senza Roma, senza l’Impero, le cose non potrebbero esistere ed esistono oggi solo grazie all’imperatore nascosto, grazie all’esistenza del Soggetto Radicale e dell’intelletto attivo che nessuno riconosce più. Anche le religioni, le filosofie di tipo idealista si limitano a un intelletto passivo, a una certa interiorità non radicale. Ma l’interiorità non radicale non può vincere questa menzogna dell’esternalità. Può resistere effettivamente ma non può vincere. Questo è un aspetto molto interessante: le tradizioni, le religioni normali, quando non sono religioni radicali, quando non sono religioni imperiali in un certo senso, quando mancano di questa internalità, intimità, di questo centro assoluto, possono resistere all’esternalità ma non possono vincere.

Per vincere l’esternalità, il grande deserto che cresce, la grande menzogna che cresce, dobbiamo restaurare queste dimensioni che anche le forme tradizionali secondarie, le chiese, le filosofie hanno perso. È molto importante capire che non possiamo vincere gli attacchi dell’esternalismo radicale postmoderno con i compromessi. Dobbiamo lottare radicalmente contro lo spirito stesso dell’esternalità, di questo nominalismo, di questa falsa idea che le cose esistono senza di noi. Senza di noi niente può esistere, ma “noi”, nel senso che siamo portatori incoscienti di questo Logos. Essere uomo è lo stesso che essere portatore del Logos. Senza essere portatori del Logos, non ci sono gli uomini, ci sono solo i cyborg, gli automi, gli pseudo uomini, i mutanti.

Il diavolo è la figura attiva, il figlio della perdizione è precisamente la forza attiva e simmetrica con l’Imperatore. In questo modo il diavolo entra nella politologia, e per lo stesso cammino entra nella scienza. Questa idea che esistono gli atomi, che esistono le cose esteriori, questa menzogna non è errore umano, è una cosa più che umana, è l’angelo perverso, l’angelo perduto, l’angelo caduto. E l’angelo caduto ha introdotto l’atomismo e il relativismo nella scienza. Senza comprendere e studiare la figura di Satana non possiamo arrivare a conclusioni veramente scientifiche.

 

NOTE

[1] Dall’Intervista di Andrea Scarabelli ad Aleksandr Dugin: «Evola, il populismo e la Quarta Teoria Politica», Il blog di Andrea Scarabelli, https://blog.ilgiornale.it/scarabelli/2018/06/25/aleksandr-dugin-evola-il-populismo-e-la-quarta-teoria-politica/.

[2] Dal testo dell’autodifesa letta da Evola dinnanzi alla Corte d’Assise di Roma il 12 ottobre 1951 e pubblicata in “L’Eloquenza”, n. 11-12, Roma, novembre-dicembre 1951. Link: https://www.rigenerazionevola.it/julius-evola-al-processo-ai-f-a-r-lautodifesa/?fbclid=IwAR0OtVJ-lodC_sPXyKcN_z3MBjCbSJtSOA1btGaHrDXl9EowODYfeqxPecM ni

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Idee&Azione  (26.11.2023)

Trascrizione a cura di René-Henri Manusardi