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Affermazione del Principio (di Marzio del Monte)

I Quattro cavalieri dell’Apocalisse, xilografia di Albrecht Dürer (ca. 1497–98)

 

È quanto mai necessario prenderne atto: oggi ci troviamo alla fine di un kalpa[1]. Il potere, una volta occulto, ora non maschera più i suoi progetti di oppressione e cerca con ogni mezzo di schiacciare i popoli.

Di contro, è sempre presente una piccola armata pronta a contrattaccare, riaffermando la forza del Principio. Il Principio è la Tradizione Perenne, di origine super-umana, che combatte contro la ‘Sovversione’ generata da forze luciferine che stanno per partorire l’Anticristo nel mondo.

La Tradizione Perenne è un concetto, profondamente radicato nella storia del pensiero umano, che si estende oltre le barriere culturali e temporali. Essa è la Conoscenza universale e trascendentale: una ‘Sapienza di provenienza non umana’ che è stata donata all’umanità in epoche antichissime e la cui impronta indelebile, nonostante essa sia stata in parte dimenticata, sarà trasmessa da alcuni uomini fino alla fine dei tempi. Questa Conoscenza Primordiale è considerata la base di tutte le tradizioni religiose e filosofiche, rappresentando una Verità ultima e immutabile, trasmessa attraverso le ere da maestro a discepolo.

La ‘Sovversione’, dal canto suo, mobilita le forze della Rivoluzione, della Reazione e della Resistenza; tre campi, questi, in cui paradossalmente si vanno purtroppo a riconoscere persino i cosiddetti ribelli: ossia proprio coloro che, anche nel nostro disgraziato Paese, vorrebbero contrastarla.

Pur guadagnando sempre più spazio sui media e nelle piazze ove si incontrano e si confrontano, costoro non riescono a rappresentare un pericolo tangibile per i poteri della Sovversione, che invece appaiono quanto mai soverchianti: perché questi presunti ribelli vogliono combattere l’Avversario proprio sul campo di lotta creato, per loro, dall’Avversario stesso; cosicché il loro agire è solo un “vano agitarsi”, per dirla con un concetto di matrice evoliana che si applica perfettamente alla situazione.

Tutte e tre le forze sopra citate hanno dato prova, nel corso della storia, di essere strumenti al servizio del chaos. Senza andare molto indietro nei secoli, si pensi anche solo alla stessa Rivoluzione Francese, la quale operò contro ciò che rimaneva della Monarchia sovrana e che sanzionò l’inizio dell’era democratica con l’uso del Terrore (processi popolari sommari, con conseguente morte per ghigliottina). È sotto gli occhi di tutti come tale nuovo e intoccabile dogma abbia condotto l’Occidente, passo dopo passo, verso l’attuale disordine globale.

Se invece i ribelli, attraverso il duro lavoro contro il proprio ego, fossero in grado di elevarsi verso la Metapolitica, ebbene scoprirebbero che è sempre il Principio a governare il mondo, nonostante la Sovversione mantenga l’illusione di poter e saper ‘fare da sé’. Se i ribelli smettessero di guardare le tenebre, abbandonando quel campo di battaglia ‘truccato’ – dove essi stessi sono ciechi alla guida di altri ciechi, per nulla differenti dai combattenti dell’opposto schieramento – ecco che immediatamente si ritroverebbero svincolati da quella febbre ‘attivistica’ la quale rappresenta solo un inutile ‘dispendio di energie’: la qual cosa è già di per sé una sconfitta, a livello sia fisico che spirituale.

È invece necessario rafforzare l’attitudine satvica e dare una dirittura verticale al nostro essere, fino ad identificarci con l’Axis Mundi: l’Asse verticale dell’Universo che unisce la Terra al Cielo (come la Croce, come la Scala Santa che è Maria). Si deve insomma puntare verso il trascendente: superando una linea polare, divenendo un asse di luce e assicurando così armonia alla nostra esistenza.

Citando René Guenon, satva è: «La conformità e l’essenza pura dell’Essere (sat), che è identica alla luce della Conoscenza (Jnana), simbolizzata dalla luminosità delle sfere celesti che rappresentano gli stati superiore dell’Essere».

L’unico Spirito del quale la ‘Sovversione’ non può servirsi è quello dell’Affermazione: dell’Affermazione del Principio, appunto. Questo è arrivato sino a noi procedendo dalla ‘notte dei tempi’ testimone dopo testimone, e continuerà a procedere fino alla fine di questo mondo, per poi rigenerarsi immutabilmente in un nuovo mondo, dando in tal modo inizio al prossimo kalpa.

Uno dei più autorevoli testimoni dell’Affermazione del Principio è il Cavaliere, armato di Spada e, soprattutto, di un Cuore puro che indirizza il fendente verso il suo scopo: la difesa dei deboli e degli oppressi, nonché la trasmissione della Tradizione.

La Spada è importante, ma senza il Cuore il combattente sarebbe soverchiato dall’ira cieca e, anziché essere ispirato da una forza superiore, si trasformerebbe da guerriero di Dio a Titano, da portatore di ordine ad attore del chaos.

Per questo l’altra arma del cavaliere, la più potente, è la Preghiera, la lama affilata che ascende verso il Cielo, unita alla Corona del Santo Rosario della Beata Vergine Maria.

Il mondo odierno ignora quasi completamente l’esistenza in atto della Cavalleria; tutt’al più crede che essa sia solo una questione di onorificenze e di blasoni, di malcelata vanagloria, di adunate in costume in memoria dei tempi andati o dell’organizzazione di un qualche evento per scopi filantropici.

D’altronde, purtroppo, i più antichi Ordini cavallereschi ci hanno ormai abituati proprio a questo; per non parlare dei ‘falsi Ordini’ che, con mero spirito di marketing, addirittura vendono l’Investitura dietro un compenso di migliaia di euro.

Allo stesso modo, l’uomo moderno vede la Preghiera come una raffinata forma di superstizione da ‘nonnine bigotte’, sedute dinnanzi al focolare o nelle buie sagrestie.

Ah, se solo la massa sapesse che l‘Ordine della Cavalleria è più vivo che mai, organizzato in piccole e grandi confraternite di Cavalieri, ben determinati e ben coscienti della loro funzione di conservatori e testimoni della Tradizione!

Cavalieri che hanno votato la propria vita a Cristo ed alla sua Chiesa diffusa su tutta la Terra, i quali non fanno sfoggio delle proprie sontuose vesti soltanto la domenica, magari in qualche salotto borghese dove ci si dà formalmente del ‘Lei’, ma che in orazione e azione, secondo l’antica regola di San Benedetto, vivono nella Verità ed in umile semplicità ogni istante del loro quotidiano.

Il popolo di Cristo è ancora oggi protetto, e lo sarà fino alla fine dei tempi: eppure non lo sa.

E nemmeno si dica che i Cavalieri sono pochi e deboli, perché la loro forza non si basa sulla quantità e sui mezzi finanziari, ma sul servizio alla Verità che è Cristo. A fare la differenza è la qualità del vero Miles, il combattente il cui intento primario è quello di farsi Santo. Mai nessuno sarà debole finché è Dio ad agire in lui.

 

E tu, ragazzo di oggi, che pensi che ‘tutto è perduto’ o ritieni di non essere abbastanza forte, sappi che ciò che conta è la capacità del donarsi, di sapersi sacrificare, facendosi strumento di Dio.

Non è importante avere nobili natali o grandi capitali; l’Investitura non si vende né si compra, perché è solo Dio che, provvidenzialmente e gratuitamente, la dà a chi la merita.

A quei falsi profeti del ‘tutto è perduto’, poi, diciamo che è opportuno tacere, onde evitare di trasformarsi in guide cieche che conducono fuori strada le poche anime ancora illuminate dallo spirito della ‘buona volontà’; ci si limiti semmai a ripetere solo ciò che è conosciuto ed è stato rivelato.

L’ora è determinante, ci troviamo alla fine del ciclo della presente umanità, all’alba di stravolgimenti sociali e cosmici. L’attuale chaos che rende l’umanità sempre più cieca e violenta è solo la lunga notte che prepara un nuovo giorno, il nuovo inizio.

Tutte le nuove nascite vengono precedute dalla notte: si pensi solo alla Santa Notte in cui nacque la luce dei popoli, Nostro Signore Gesù Cristo. Nel momento in cui pensiamo che tutto sia distrutto, inizierà la rinascita. Distruggere tutto, per ricostruire dai germogli migliori.

Ed è Cristo che dall’alto della Montagna sta chiamando a sé i germogli del Nuovo Mondo: l’armata di Dio che, piuttosto che confidare nella ‘Resistenza’ o nella ‘Rivoluzione’ o nella ‘Reazione’, afferma la dignità del Principio sulla base del quale saranno scritte le nuove regole del vivere del Regno che verrà.

E quale grande regalo ci è stato fatto! Quello di essere uomini di questi tempi ultimi! Non ci vengono richieste grandi e clamorose gesta per essere quei germogli del Nuovo Regno, ma se è vero che nessuno si eleva da solo, è anche vero che Dio non obbliga nessuno ad elevarsi. Sarà necessario tornare fanciulli nel cuore, per costruire l’Uomo Integrale di cui sarà il Regno dei Cieli sulla Terra.

È l’inizio della fine, il kalpa volge al termine; ora siamo chiamati ad essere operatori di Giustizia.

I Cavalieri sono pronti!

 

Marzio del Monte

 

 

[1] Il termine kalpa nell’induismo si riferisce a un’unità di misura temporale che rappresenta un ciclo cosmico completo. Un kalpa può essere diviso in quattro yuga (età): Satya Yuga, Treta Yuga, Dvapara Yuga e Kali Yuga, che rappresentano quattro diverse epoche dell’umanità con caratteristiche e qualità diverse. Un kalpa si riferisce anche al periodo di tempo in cui il mondo è creato, esistente e distrutto da Brahma, il dio creatore, e si ripete ciclicamente all’infinito. Questo concetto sottolinea l’idea di un ciclo eterno di creazione, conservazione e distruzione nell’universo, che è parte integrante delle credenze induiste sulla natura ciclica della vita e dell’esistenza.