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IL PONTE DELLA SPADA: breve analisi simbolico-ontologica (di Cosmo Intini)

Lancillotto che oltrepassa il Ponte della Spada. Miniatura di Evrard d’Espinques da ‘Lancelot du Lac’, manoscritto in quattro volumi realizzato ad Ahun, centro della Francia, attorno al 1470 per Jacques d’Armagnac, duca di Nemours, (Bibliothèque nationale de France, Français 115, f. 367v).

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 L’operare qui alcune specifiche riflessioni sul noto tema del Cavaliere che affronta l’attraversamento del pericoloso Ponte della Spada, mantiene una sua ben precisa ragione.

In effetti, con ciò intendiamo rimarcare soprattutto la necessità di svincolare gli usuali approcci ai racconti appartenenti al ciclo arturiano (così come, del resto, a quelli appartenenti ad altri cicli medievali: ciclo carolingio, ciclo bretone, ciclo germanico, ciclo scandinavo) dalle interpretazioni puramente erudite e letterali.

I contenuti delle trame e degli intrecci dei vari ‘racconti’ eroici e cavallereschi sono infatti portatori di sottili significati simbolico-ontologici, i quali vanno tenuti nella debita considerazione per non ridurre la lettura ad un’esclusiva fruizione di tipo letterario-storico-filologico o, peggio, di carattere semplicemente ricreativo.

L’episodio del Cavaliere e del Ponte della Spada, desunto dal racconto di Chrétien de Troyes intitolato Le Chevalier à la Charrette (Il Cavaliere nella Carretta)[1], vede dunque come protagonista Lancillotto, prototipo del più valoroso e nobile tra i Cavalieri dell’arturiana Tavola Rotonda.

Sorvolando sui diversi e pur rilevanti aspetti della vicenda e per circoscrivere, invece, la nostra attenzione solo su quelli più pertinenti ai nostri presenti scopi, questa è in estrema sintesi la trama dell’episodio.

[…] Per giungere al castello di Meliagant e liberare la Regina Ginevra, la quale vi è reclusa dopo esser stata rapita, Lancillotto deve prima necessariamente lasciarsi condurre su di una Carretta guidata da un nano e poi deve oltrepassare un profondo baratro ove scorrono impetuose ed oscure acque. Il Ponte che supera l’orrido non è altro che l’acutissimo filo di una Spada, che egli affronta carponi, a mani e piedi nudi. Solo dopo aver superato tale rischiosa prova, il Cavaliere riesce finalmente a salvare la Regina […].

In quanto il simbologico tema del Ponte della Spada si pone in reciproca e stretta correlazione con quello della Carretta, da cui il racconto trae il proprio titolo, indicheremo qui allora, succintamente, i significati che vengono coinvolti da entrambi i suddetti temi.

Salendo sulla Carretta, per di più guidata da un nano, Lancillotto deve subire l’onta di farsi condurre da un veicolo ‘infamante’, giacché, come precisato dal testo, esso era usualmente destinato ad esporre i malfattori al pubblico ludibrio.

Il senso dell’episodio va dunque immediatamente colto non appena venga associato a quello che è il simbolismo inerente al Carro. Questo è infatti un’espressione del ‘mondo’, alla luce della sua struttura diadica data dalle due ruote (il Cielo e la Terra), congiunte e separate da un asse (l’Asse del Mondo).

Di carattere igneo ed universalmente accostato al ‘sole’, la guida del Carro richiede una particolare abilità che solo gli eroi ‘solari’ posseggono, in quanto, proprio perché tali, sono capaci di porsi in una posizione che è ontologicamente ‘mediatrice-pontificale’ tra Cielo e Terra.

Ad una lettura interiore e anagogica del racconto di Chrétien, insomma, il salire passivamente sulla Carretta, peraltro condotta, come dicevamo, proprio da un nano (che, a sua volta, è simbolo delle infere, oscure ed incontrollate forze ‘psichiche’ dell’io umano) indica il permanere del Cavaliere in una limitata e limitante dimensione ciclica dell’esistenza: sia essa intesa nel suo aspetto spazio-temporale che egoico.

È del resto emblematico, a tal proposito, che per tutto il tempo durante il quale il Cavaliere sarà condotto sulla Carretta, il testo non svelerà mai la sua vera identità, esplicitando così simbologicamente, attraverso questo anonimato, come il suo carattere ontologico risulti ancora incompleto.

Per converso, la conduzione attiva del Carro, purché correttamente espletata, indica la capacità di gestione della ciclicità cosmica. L’‘auriga’ per eccellenza, insomma, è colui che è in grado di oltrepassare le pulsioni del proprio ego nonché ogni illusione derivante dalla visione ‘dualistica, mutevole e contingente’ del mondo.

Lancillotto perverrà a tale piena conquista ontologico-spirituale solo quando sarà riuscito a ‘liberare’ la Regina dalla sua prigionia. Infatti, dal momento che il Principio della Regalità simbolizza ciò che ‘regola e governa’ i cicli cosmici, ossia rappresenta ciò che è al Centro eterno ed immobile della Ruota cosmica dell’esistenza, ne deriva che il posizionarsi in sua corrispondenza, ovvero in ‘conformità’ con la sua ‘attiva immobilità’, sancisce l’arresto di ogni movimento ciclico e il superamento di ogni contingenza.

Il Cavaliere che indirizza il proprio ‘cuore’ verso la Regina, non fa altro che cercare di percorrere l’Asse del Mondo verso l’alto, per porre così il ‘centro’ del proprio ente – lì ove è racchiusa la sua essenza – in conformità col Principio ontologico dell’Essere. E sarà proprio la Regina ad informarci per la prima volta sul nome di colui che, dopo aver attraversato il Ponte della Spada, la libererà. Infatti, riconoscendo e nominando Lancillotto in maniera finalmente esplicita, come non era ancora mai avvenuto dall’inizio del racconto, è proprio lei che pertanto ne qualifica la vera identità.

Ricordiamo che, poiché l’essenza esprime il grado di partecipazione dell’ente all’essere, ebbene ne consegue che quanto maggiore è tale partecipazione del primo al secondo, tanto maggiore è la nobiltà di essa essenza. E questo spiega, peraltro, perché il protagonista dell’episodio sia proprio Lancillotto: ossia colui che viene considerato il ‘più valoroso e nobile’ dei Cavalieri di Artù[2].

Premesso tutto ciò, diventa facile a questo punto comprendere come il Ponte della Spada, col grado di sofferenza fisica e di rischio esistenziale che il suo superamento comporta per Lancillotto – dacché lo deve percorrere a mani e piedi nudi, in bilico su di un orrido baratro – non rappresenta altro che l’assialità che separa e congiunge il Basso e l’Alto, la Terra ed il Cielo. Esso è il percorso lungo il quale il Cavaliere ‘dismette’ le abituali condizioni proprie del suo personale ego (i guanti ed i calzari di cui si priva), in vista dell’ottenimento di una condizione metafisica ed ontologica più elevata, che sia appunto di ‘mediatore’ tra Cielo e Terra.

L’estrema ‘sottigliezza’ della lama stabilisce poi un’analogia con l’evangelico tema della difficile e pericolosa entrata attraverso la porta stretta: processo che non è per tutti, ma per pochi, in quanto non vi si rimane esenti da un rischio di fallimento e di caduta.

Da una parte, infatti, il vittorioso superamento di Lancillotto del Ponte della Spada significa ormai per lui un’ontologica ‘identificazione’ con esso. Egli stesso assume, insomma, l’identità di ‘pontefice’ tra la dimensione materiale e quella spirituale, avendo ormai superato ogni ‘dualismo’ in virtù della riunione nel Principio.

Dall’altra parte, invece, il precipitare nelle sottostanti acque oscure e turbinose non solo avrebbe sancito per lui la perdita di ogni identità, ma pure di ogni individualità formale. Infatti, in quanto le ‘acque inferiori’ rappresentano quel mondo dell’‘informe’ e del ‘confuso’ che appartiene ad uno stato ‘infero’[3], dopo una sua caduta egli non avrebbe salvato la Regina e non avrebbe pertanto avuto modo di essere mai più riconosciuto nel proprio ‘nome’.

Ma Lancillotto vince la prova e si pone dunque nella particolare condizione ontologica di colui che cammina sulle acque, ossia di chi è in grado di dominare la volubilità delle forme, proiettandosi al di là di esse. Oltretutto, data la particolare fattezza del Ponte della Spada, la quale altro non è se non l’arma che lo contraddistingue, si compie pienamente anche la sua qualifica in quanto Cavaliere.

Simbolo assiale e polare per eccellenza, la Spada a doppia lama della Cavalleria rimanda anch’essa alla ‘sintesi degli opposti’, alla riunificazione di ogni dualismo. Nell’Apocalisse essa compare strettamente inerente al Logos ed è simbologicamente identificabile con l’asse della Bilancia: espressione luminosa, dunque, di ‘Giustizia’ ed anche di ‘Potere’.

Non si trascuri di osservare che, data la posizione a carponi sull’acutissimo filo della Spada, un errore di ‘equilibrio’ avrebbe comportato per Lancillotto la perdita della virilitas: ossia, dell’integralità di quella spirituale ‘forza generativa’ che appartiene necessariamente a coloro che esercitano la funzione della Regalitas e amministrano la Iustitia.

Ad ogni modo, avendo superato il Ponte e guadagnato la natura di pontifex, Lancillotto viene altresì ad ‘identificarsi’ con la Spada stessa, che di quello è immagine; e ciò ne determina la piena qualificazione ontologica, il compimento della sua completa ed integrale identità cavalleresca.

Possiamo ben dire, in conclusione, che l’episodio del Cavaliere che attraversa il Ponte della Spada si presenta come una tra le più pregnanti e rappresentative simbologie cavalleresche, data la notevole confluenza dei numerosi sensi metafisici che lo caratterizza.

 

NOTE

[1] Tale racconto appare peraltro anche nel ciclo del Lancelot-Graal, sotto il titolo di Le Conte de la Charrette (Il Racconto della Carretta).

[2] Incidentalmente, alla luce di ciò, va notato quanto sia puerile ed insipiente leggere l’amore di Lancillotto per la Regina Ginevra semplicemente alla stregua di un immorale adulterio.

[3] Val la pena di precisare la differenza che sussiste tra l’informe e l’informale. Laddove col primo termine si intende la ‘assenza di ogni forma’ col secondo si indica invece il ‘superamento di ogni forma’. È chiaro, quindi, che la loro posizione ontologica risulta essere diametralmente opposta, giacché al primo corrispondono gli stati ‘inferi’, laddove al secondo quelli ‘celesti’. La loro differenza è insomma la stessa che in simbologia si riconosce tra le cosiddette acque inferiori e acque superiori.