(Nel 102° anniversario della nascita)
Attilio Mordini (1923-1966) è una figura complessa e affascinante del panorama culturale e spirituale italiano del Novecento ed è spesso etichettato come “cattolico ghibellino”. Questa definizione, apparentemente ossimorica, racchiude in sé la chiave per comprendere la sua singolare spiritualità e il suo approccio al cristianesimo. Mordini non fu un semplice intellettuale o un mistico isolato, ma un uomo che cercò di incarnare una fede profonda e radicale, capace di dialogare con la Tradizione e di confrontarsi con la modernità, senza timore di posizioni controcorrente.
La Visione Ghibellina: Non Solo Politica, Ma Spiritualità
Per comprendere la “ghibellinità” di Mordini, è fondamentale superare la mera accezione politica medievale. Per lui, non era una nostalgica rivendicazione di un potere imperiale passato, bensì una visione del mondo e della storia in cui il sacro e il profano, il divino e l’umano, si intersecavano in modo peculiare. Era una riscoperta del sacrum imperium, non come entità meramente terrena, ma come riflesso di un ordine divino che doveva informare ogni aspetto della vita umana, inclusa la politica e la cultura.
Questa prospettiva lo portava a criticare aspramente le derive della modernità, percepite come una progressiva secolarizzazione e frammentazione dell’esistenza. Mordini vedeva nella separazione radicale tra Chiesa e Stato, tra fede e ragione, un impoverimento dell’esperienza umana e una perdita di senso. La sua spiritualità ghibellina si nutriva, quindi, di un desiderio profondo di unità e integralità, dove la fede non era relegata alla sfera privata, ma irradiava su ogni dimensione dell’essere.
Un Cattolicesimo Radicale e Tradizionale
Il cattolicesimo di Attilio Mordini era tutt’altro che convenzionale. Era un cattolicesimo radicale, ancorato a una tradizione profonda e, allo stesso tempo, capace di una critica severa verso ciò che percepiva come compromessi o deviazioni all’interno della Chiesa stessa. Egli non si riconosceva nelle correnti più progressiste del suo tempo, né in quelle che riteneva eccessivamente mondane. La sua spiritualità attingeva a fonti diverse: dal misticismo cristiano medievale al pensiero di autori come Dante Alighieri, la cui visione imperiale e teologica era per lui un faro.
Mordini vedeva nella figura di Cristo Re il culmine della sua visione ghibellina. Per lui, Cristo non era solo il Salvatore dell’anima individuale, ma il Principio Ordinatore del cosmo e della storia. Questa regalità di Cristo doveva manifestarsi anche nella realtà terrena, informando le leggi, le istituzioni e la cultura. Non si trattava di teocrazia nel senso moderno, ma di una profonda ispirazione cristiana che permeasse ogni strato della società.
La sua spiritualità era dunque fortemente contemplativa e attiva allo stesso tempo. Contemplativa perché fondata su una ricerca incessante della Verità e di un contatto diretto con il divino. Attiva perché lo spingeva a intervenire nel dibattito culturale e a cercare di influenzare il mondo secondo i principi che riteneva fondamentali.
La Profondità Mistica e la Critica alla Modernità
Mordini era un pensatore che univa una fede ardente a una lucida analisi della crisi spirituale del Novecento. Nei suoi scritti, emerge una critica radicale alla modernità, vista come un’epoca di decadenza e disordine. Nel libro L’uomo europeo e la sua tragedia (1964), scrive:
“L’Europa ha rinnegato le sue radici sacre, e in questo rinnegamento sta la sua rovina. L’uomo moderno, orfano di Dio, si crede libero, ma in realtà è schiavo di un mondo senza centro e senza fine.”
Questa denuncia della secolarizzazione non era sterile pessimismo, ma un invito a ritrovare l’unità perduta tra Fede e Vita. Per Mordini, il vero cattolico non può accettare una religione ridotta a moralismo o a semplice ritualismo, ma deve vivere una fede che trasfigura ogni aspetto dell’esistenza.
Dante e la Visione Ghibellina del Sacro Impero
Uno dei pilastri del pensiero di Mordini è la figura di Dante Alighieri, interprete massimo di una visione cristiana in cui l’autorità spirituale e quella temporale collaborano in armonia.
Nel saggio Dante ghibellino (1959), afferma:
“Dante non fu un nostalgico del passato, ma un profeta dell’Impero come realtà metastorica, segno visibile dell’ordine divino. La sua Monarchia è un trattato di teologia politica, dove il potere temporale è chiamato a riflettere la giustizia di Dio.”
Per Mordini, il ghibellinismo dantesco non era una mera posizione politica, ma una via spirituale:
l’Impero rappresentava l’unità della cristianità sotto il segno di una regalità che riconosceva la superiorità del fine ultimo, Dio.
Cristo Re e la Regalità Sociale del Sacro
Al centro della spiritualità di Mordini vi era la devozione a Cristo Re, inteso non solo come Salvatore delle anime, ma come principio ordinatore della storia. Nel testo La regalità sociale di Cristo (postumo), scrive:
“Cristo non è venuto solo a salvare gli individui, ma a ricapitolare tutte le cose in Sé. La Sua Regalità deve estendersi alle nazioni, alle leggi, alla cultura, perché senza di Lui ogni ordine umano è destinato alla dissoluzione.”
Qui risuona l’eco del Vangelo di Giovanni (“Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui nulla è stato fatto”) e della dottrina paolina della pienezza dei tempi (Ef 1,10). Mordini vedeva nella secolarizzazione una ribellione metafisica, un rifiuto dell’ordine creato.
Il Tempio del Cristianesimo: Un’Architettura Spirituale della Storia
Il Tempio del Cristianesimo è uno degli scritti più densi e simbolici di Attilio Mordini, un’opera che sintetizza la sua visione ghibellina, tradizionalista e metafisica del cristianesimo. In questo testo, Mordini non si limita a un’analisi storica o teologica, ma costruisce un’interpretazione simbolica della Chiesa e della civiltà cristiana come un Tempio vivente, le cui fondamenta sono in Cristo e la cui struttura riflette l’ordine divino nella storia.
- Il Tempio come Simbolo dell’Ordine Sacro
Per Mordini, il Tempio non è solo un edificio materiale, ma un’immagine della realtà spirituale che deve dare forma al mondo. Riprendendo la tradizione biblica (dal Tempio di Salomone alla Gerusalemme celeste dell’Apocalisse), egli vede nella Chiesa e nella Cristianità medievale l’espressione più alta di questa armonia tra cielo e terra:
“Il Tempio è la forma visibile dell’invisibile Regno. Le sue pietre non sono inerti, ma viventi: sono i santi, i re, i popoli che hanno riconosciuto in Cristo il fondamento di ogni legge e di ogni arte.” (Il Tempio del Cristianesimo)
Qui Mordini si avvicina alla visione di Dante (Paradiso, canto XV) e alla mistica medievale, dove la società stessa è un corpus mysticum ordinato a Dio.
- La Crisi del Tempio: La Modernità come Distruzione
Mordini legge la modernità come un processo di profanazione del Tempio, dove la separazione tra fede e ragione, tra potere spirituale e temporale, ha portato alla frammentazione dell’unità cristiana. Scrive con tono apocalittico:
“L’uomo moderno ha sostituito le colonne del Tempio con i pilastri della tecnocrazia; al posto dell’altare, ha eretto il mercato. Ma un mondo senza sacro è un mondo senza centro, condannato alla torre di Babele.”
Questa critica radicale ricorda quella di René Guénon (La Crisi del Mondo Moderno), ma Mordini vi aggiunge una prospettiva cristocentrica: solo il ritorno a Cristo Re può ricostruire l’unità perduta.
- Il Ghibellinismo come Restaurazione del Sacro
In Il Tempio del Cristianesimo, Mordini rilegge il conflitto tra Guelfi e Ghibellini non come una lotta politica, ma come una disputa teologica sulla natura del potere. Per lui, il vero Ghibellinismo è la visione che riconosce nell’Impero un ministero sacro, subordinato ma non servile rispetto alla Chiesa:
“L’Imperatore non è un papa laico, ma il custode della giustizia terrena, che deve riflettere, come la luna riflette il sole, la luce di Cristo Re.”
Qui emerge l’influenza di Joseph de Maistre e della Contro-Rivoluzione cattolica, ma con una originalità: Mordini non sogna una teocrazia, ma una società dove tutto è ordinato al divino, dalla politica all’arte.
- Una Spiritualità Militante
Mordini non è un sognatore nostalgico: il suo Tempio è anche un programma spirituale. Scrive:
“Ricostruire il Tempio non significa imitare il Medioevo, ma ritrovare, nelle macerie del presente, le pietre vive della Tradizione: i martiri, i contemplativi, coloro che resistono alla notte del mondo.”
Questa idea ricorda il militante cattolico di Charles Péguy, ma con una radicalità quasi monastica: la vera restaurazione avverrà solo attraverso una rigenerazione interiore.
Un’Eredità Scomoda e Necessaria
Mordini rimane una figura enigmatica, amato da alcuni come un mistico della Tradizione, criticato da altri per il suo rifiuto dei compromessi con la modernità. Eppure, la sua voce è più attuale che mai in un’epoca di smarrimento identitario e spirituale. Come scrisse nel Diario spirituale (pubblicato postumo):
“Il vero cattolico non teme di essere ‘reazionario’, perché sa che la vera rivoluzione è il ritorno alle origini, là dove Cristo regna non solo nei cuori, ma nella storia.”
La sua spiritualità cristiano-ghibellina rimane ancora oggi un punto di riferimento per chi cerca una fede robusta, non riducibile a schemi predefiniti. In un’epoca caratterizzata da relativismo e frammentazione, la sua ricerca di un ordine superiore e di una integralità della fede può apparire scomoda, ma al tempo stesso profondamente attuale. Mordini ci invita a riflettere su come la fede possa e debba dare forma ad ogni aspetto della nostra esistenza, andando oltre le dicotomie e le semplificazioni, per riscoprire una dimensione del sacro che sia capace di dare senso e direzione alla vita umana e alla società.
La sua domanda cruciale – è ancora possibile un “sacrum imperium” oggi? – non è un’utopia nostalgica, ma una provocazione a ripensare il rapporto tra fede e società. In un mondo che ha smarrito il senso del sacro, Mordini ci ricorda che senza Dio, ogni progetto umano è destinato alla sterilità.
Marzio Del Monte