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15 luglio 1099: Gerusalemme Liberata. Il compimento di un sacro dovere (di Marzio del Monte)

Prima Crociata: Goffredo di Buglione (1050-1100) salpa per la Terra Santa.

Miniatura dal “Romanzo di Goffredo di Buglione e del Saladino” (1337)

 

15 luglio 1099: Gerusalemme Liberata. Il compimento di un sacro dovere

L’Assedio: Prova di Fuoco per i Miles Christi

Sotto il sole infuocato di luglio, le mura di Gerusalemme tremavano sotto l’assalto dei guerrieri venuti dall’Occidente. Non mercenari né avventurieri, ma Cavalieri consacrati, votati alla liberazione del Santo Sepolcro. Come insegnava il grande San Bernardo, la loro era una “militia non malitia”: la spada non brandita per ambizione, ma come strumento di giustizia divina. Digiuni, preghiere collettive e processioni in armi trasformarono l’assedio in un rito sacro, dove ogni scalata alle mura diveniva ascesa spirituale.

L’Assalto: Furore Santo e Abbandono Mistico

All’alba del 15 luglio, al grido di “Deus lo vult!”, le torri d’assedio avanzarono tra nugoli di frecce. I cronisti descrivono Cavalieri che combattevano “in estasi”, come trascinati da una forza sovrumana. Scalando le mura insanguinate, essi incarnavano la perfetta sintesi tra coraggio fisico e ardore mistico che Raimondo Lullo avrebbe celebrato nel suo Libro dell’Ordine della Cavalleria: “Il
Cavaliere è destriero sopra il popolo per sostenere la fede”. La breccia presso la Porta di Santo Stefano fu aperta non solo dal ferro, ma dalla forza della fede.

La Vittoria: Lacrime sul Sepolcro e Rinuncia alla Gloria

Quando le strade tacquero, un silenzio sacro scese sulla Città Santa. Goffredo di Buglione, rifiutando la corona regale in luogo della corona di spine di Cristo, divenne Advocatus Sancti Sepulchri. Fu questo gesto a svelare il cuore dell’impresa: non conquista, ma restituzione. Spogliate le armature, i Cavalieri avanzarono scalzi verso il Santo Sepolcro. Le loro lacrime mescolavano pentimento e gratitudine, lavando simbolicamente la violenza della battaglia. San Bernardo avrebbe visto in quel pianto la vera vittoria: “Vincere il peccato è più glorioso che vincere i barbari”.

L’Ideale Incarnato: Cavalleria come Sacrificio e Servizio

Quel 15 luglio non segnò solo una vittoria militare, ma l’apogeo dell’ideale Cavalleresco medievale. Ogni gesto – dalla rinuncia di Goffredo alle preghiere sul Sepolcro – rispecchiava i principi che Lullo avrebbe codificato:

– La Fortezza al servizio della Fede,

– L’Umiltà che rifiuta la gloria mondana,

– Il Sacrificio come offerta a Dio.

La spada, dopo aver adempiuto al suo ufficio, veniva deposta in segno di pace. La vera conquista era interiore: aver trasformato la guerra in pellegrinaggio, la violenza in atto redentore.

Epilogo: L’Eco dell’Eterno

Quando il sole calò su Gerusalemme, le ombre dei Cavalieri si allungarono sulle pietre millenarie. In quel crepuscolo, come scrisse Lullo, “l’Ordine della Cavalleria è l’inizio e il fondamento della difesa della Santa Chiesa”. La Città Santa era stata restituita alla Cristianità non per brama di potere, ma per
amore del Luogo in cui Cielo e Terra si erano uniti. Un ideale di purezza guerriera che ancora oggi, nella luce dorata della Basilica del Santo Sepolcro, racconta come la Cavalleria medievale cercò di forgiare il ferro della storia nella fucina dello Spirito.

MARZIO DEL MONTE