
Adriaen Collaert, Estasi di Santa Teresa, incisione del 1613 (Anversa)
15 ottobre 2025
Nel giorno in cui si celebra la memoria liturgica di S. Teresa d’Avila (1515-1582), il sito Regina Equitum coglie l’occasione per sottolinearne un particolare aspetto che è da noi giudicato di estremo interesse.
Grande mistica spagnola nonché riformatrice dell’Ordine carmelitano, S. Teresa fu proclamata Dottore della Chiesa da Papa Paolo VI nel 1970: prima donna a cui peraltro è stato concesso questo titolo, insieme a S. Caterina da Siena.
La sua indole può essere sintetizzata in due precisi e paradigmatici aspetti caratteriali, che furono da lei sviluppati già sin dall’infanzia: la profondissima sensibilità per il trascendente e l’entusiastica ammirazione per i romanzi cavallereschi.
Se da una parte le visioni e le estasi di S. Teresa rappresentarono il capitolo più misterioso e interessante della sua vita (fu vista levitare, cadere in deliquio e restare come morta), d’altra parte a queste manifestazioni corrispose altresì una grande crescita spirituale che ella riversò nei suoi testi mistici, i quali rimangono tra i più chiari, potenti e poetici mai scritti.
L’intensa spiritualità di S. Teresa non fu inizialmente compresa, tanto che venne persino considerata vittima di illusioni demoniache; tuttavia, i dubbi dei suoi accusatori vennero infine dissipati.
Decisivo, nel 1567, fu l’incontro fra Teresa e un giovane studente di Salamanca, appena ordinato sacerdote: Giovanni della Croce (anche lui mistico ed oggi Dottore della Chiesa). Quel giovane assumerà la veste degli Scalzi e accompagnerà la fondatrice nei suoi viaggi, superando insieme a lei varie dolorose vicende, fra cui divisioni dentro l’Ordine e perfino accuse d’eresia.
L’opera sicuramente più celebre e significativa di S. Teresa è Il Castello interiore, itinerario dell’anima alla ricerca dell’unione perfetta con Dio, in quanto dimorante nel profondo di ogni uomo. Utilizzando l’allegoria dell’anima come un ‘castello costituito da sette dimore’, la mistica spagnola vuole insegnarci che attraverso i relativi sette particolari passaggi di elevazione (sia orante che contemplante) si perviene ad una coscienza purificata.
In definitiva, in quanto Il Castello interiore descrive un viaggio spirituale, il cui scopo è l’unione d’amore con Dio, abbiamo riscontrato un suo parallelo con quello che ci è stato possibile rilevare di ‘simbologicamente’ pertinente ad un altro ‘castello’, questa volta esistente storicamente: il Castel del Monte di Federico II di Svevia.
Per meglio illustrare quanto desideriamo suggerire, riproponiamo allora qui di seguito il Prologo del nostro saggio ‘S.Maria del Graal. Fondamenti simbolico-sacrali di Castel del Monte’, pubblicato nel 2002 per i tipi de Il Leone Verde e in cui avemmo modo di sottolineare quanto di paragonabile ci sia tra lo scritto mistico più famoso di S. Teresa d’Avila e l’imperiale manufatto federiciano.
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Prologo
Il presente saggio, che trae origine da un nostro ben più complesso, differenziato e ponderoso studio-interpretativo riguardante i significati e le valenze simbolico-iniziatiche del castello federiciano di S. Maria del Monte (sec. XIII, sito presso Andria, in Puglia, e a tutt’oggi impropriamente ricordato col nome di Castel del Monte), nei circoscritti ambiti delle proprie argomentazioni intende riprenderne ed evidenziarne quelle conclusioni che sono risultate nel complesso le più basilari: le stesse che hanno cioè improntato, in maniera totalizzante e continua, l’economia generale del lavoro. Sarebbe tuttavia errato vedere tale saggio come una semplice sintesi riassuntiva dell’intero studio e del processo d’indagine che ne è alla base; così come sarebbe errato credere che possa essere nella presunzione dello studio stesso il voler sancire un qualsivoglia punto di arrivo! Sarebbe insomma fuorviante intendere il termine conclusioni, poc’anzi citato, in un senso assoluto che non gli appartiene!
I particolarissimi contenuti delle questioni trattate, infatti, posseggono la straordinaria caratteristica di configurarsi sempre come suscettibili di sviluppi dinamici, tanto da dover essere semmai riconoscibili come veri e propri punti di partenza. E se ciò vale, in senso che potremmo definire quantitativo, per la specificità del saggio, altrettanto vale, in un senso questa volta qualitativo, per la totalità dello studio.
Per chiarire quanto si vuole dire, crediamo che non si possa suggerire migliore immagine di quella fornita dalle così dette scatole cinesi.
La simbologia di S. Maria del Monte, sacrale ed iniziatica per eccellenza, analogamente ad esse si esplica a mo’ di continue ed ulteriori specificazioni, le quali forniscono altrettante continue ed ulteriori argomentazioni, utili per altrettanto continui ed ulteriori saggi! Il tutto con uno sviluppo quantitativo indefinibile!
D’altro canto, il percorso dipanantesi lungo questo sviluppo, che è poi ciò che costituisce la fisionomia strutturale dello studio in toto, diviene per sua natura ‘iniziatico-operativa’ un progressivo superamento qualitativo del dato esteriore (analogicamente rappresentato dalla forma della singola scatola cinese della serie), per sfociare nel completo raggiungimento del dato interiore (analogicamente rappresentato a sua volta dall’estrema scatola cinese, quella la cui entità si ‘trasmuta’ nel punto posto al centro della serie). O per dirla in altre parole: la visione del simbolo e la comprensione del suo significato divengono alla fine identificazione con simbolo e significato stessi!
Peraltro, alla luce delle considerazioni che seguiranno, tese come esse saranno nell’illustrare quanto la valenza simbolico-sacrale del castello di S. Maria del Monte si informi alla figura della S. Vergine (cavalleresca Dama celeste) è illuminante osservare incidentalmente che la medesima immagine fornita dalle scatole cinesi appartiene anche alle bambole russe Matroscica, il cui legame con la simbologia della Magna Mater è fuori discussione. Il che rappresenta già la prima indicazione, tra le tante che andremo a sottolineare di seguito, in merito alla piena ed ortodossa adesione di S. Maria del Monte e della sua simbologia alla più pura Tradizione cristiana; della qual cosa, infatti, ne è sintomo e testimonianza il carattere di universalità in tal modo manifestato.
Ciò che ha permesso al nostro studio di constatare il progressivo svelamento di tale occultata adesione di S. Maria del Monte alla tradizione, è stata l’adozione di un processo d’indagine di tipo mandàlico che ha trovato nell’architettura del castello il proprio sussidio di ‘meditazione’. Ed è ancor più degno di nota che, sin dai tempi della costruzione di tale edificio, questo svelamento non si era mai più espresso in una maniera così organica!
Che ciò sia accaduto oggi, vale per noi come un segno il quale, nella drammatica e disperante contingenza dei tempi che stiamo vivendo, invita all’urgente risveglio delle coscienze. Provvidenzialmente esso ci offre altresì l’abbrivio, ci suggerisce la direzione, ci garantisce la sua tutela!
La constatata piena adesione alla Tradizione di un omphalòs quale è S. Maria del Monte, dopo secoli di latenza, non può che rincuorarci; perché il cammino fino al suo centro, allorché effettuato in maniera adeguata, garantisce al Cavaliere cercatore il coronamento del suo viaggio interiore verso il Graal.
Né siamo i primi ad esprimerci in questi termini, visto l’illustre antecedente fornitoci da S. Teresa d’Avila, che così scriveva nella sua più importante opera mistica, intitolata, guarda caso, il Castello interiore: «Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo cristallo, nel quale vi sono moltissime dimore, come molte ve ne sono in cielo […] alcune poste in alto, altre in basso, altre ai lati. Al centro, in mezzo a tutte, vi è la stanza principale, quella dove si svolgono le cose di grande segretezza tra Dio e l’anima. Portate il vostro sguardo al centro dove è situato l’appartamento del Re»[1].
La vicenda spirituale, improntata alla cultura cavalleresca di cui la Santa spagnola era imbevuta sin dalla nascita, può riassumersi in tal modo: «Il castello-anima è abitato da Dio, Sua Maestà, che desidera godere della compagnia e dell’amore della dama (che è l’anima stessa o, meglio, la persona umana). La dama, però, assai frequentemente non è dentro il castello.
La situazione si presenta drammatica, perché l’esterno del castello è pieno di pericoli e di inganni: la dama corre il serio rischio di rimanere avvinta da essi. Quando finalmente capisce il suo vero cammino, la dama deve superare un’infinità di ostacoli per raggiungere la porta del castello e per potersi così inoltrare negli appartamenti interni, dove tuttavia non le vengono a mancare le difficoltà. Nel frattempo Sua Maestà non se ne sta ad aspettare: chiama la dama e le manda il suo aiuto. L’intero cammino, non facile, si conclude quando la dama riuscirà a raggiungere la fonte di acqua viva e la stanza centrale, là dove si unirà al Re che così diventerà suo Sposo»[2] .
Possiamo concludere dicendo che era per noi doveroso soffermarci su questo preambolo al fine di ribadire quanto sia utile e necessario, per la coscienza di chi si accinga alla lettura del seguente saggio, il porsi con atteggiamento anti-nozionistico nei confronti dei contenuti in esso evidenziati. Vorremmo insomma mettere in guardia dall’errore di considerarlo esclusivamente un accumulo quantitativo di dati, fruibili ad un livello che permanga nell’ambito del mnemonico o della pura curiosità.
Questo primo tassello, il primo da noi dato alle stampe, il quale è parte di un ben più grande mosaico, possiede, come dicevamo, la potenzialità di costituire un punto di riferimento dinamico in un cammino qualitativo che si svolge, man mano che ci si addentra nella simbologia di S. Maria del Monte, parallelamente e contemporaneamente sia al di fuori che al di dentro di noi stessi.
«[…] Chi legge il Castello interiore partecipa alla vicenda con la protagonista e diventa protagonista con lei […] è come entrare nel grande Tempo in cui tutto è compiuto: il Tempo del Mistero che salva, il Mistero che si celebra nella liturgia, dove ogni tempo (e spazio) viene assorbito in una dimensione di eterno presente»[3].
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Conclusioni
Pur separati da circa tre secoli di tempo e dalla propria appartenenza a del tutto differenti ambiti storico-culturali e socio-politici, il manufatto di Castel del Monte (XIII sec.) e lo scritto Il Castello interiore (XVI sec.) rimangono ‘ragionevolmente’ paragonabili fra di loro in quanto entrambi si collocano entro i confini della medesima simbologia tradizionale mistico-cristiana e della medesima cornice valoriale storico-cavalleresca.
Ci basti anche solo citare alcuni passaggi per evidenziare quanto il linguaggio mistico di S. Teresa si appoggi ad immagini che, straordinariamente, lei senza dubbio condivide con le tradizioni ‘ermetiche’ medievali, le quali sono in vario modo appunto implicate anche dalla simbologia del castello federiciano.
Facciamo qualche esempio:
L’arte alchemica come pratica interiore
«[…] sembra, infatti, che non appena quest’acqua celestiale comincia a sgorgare dalla sorgente di cui ho parlato, cioè dal profondo di noi stessi, tutto il nostro interno si vada dilatando ed ampliando, e nascano beni indicibili. […] Né è cosa si possa immaginare, perché, con tutte le nostre diligenze, siamo impotenti a procurarcela, e in ciò stesso si vede che non è opera del nostro metallo, ma di quel purissimo oro della Sapienza divina»[4].
La morte iniziatica
«Ma state bene attente, figlie mie, che il verme deve morire, e ciò costa molto qui, mentre nell’altra unione è di molto aiuto a morire il vedersi già in una vita del tutto nuova. Qui è necessario che, pur restando in questa vita, l’uccidiamo noi»[5].
La ierogamia tra Dio e uomo
«Spesso, indubbiamente, avrete sentito dire che Dio celebra lo sposalizio spirituale con le anime»[6].
L’araba fenice e la rinascita
«Una prima forma di rapimento si ha quando l’anima, pur non essendo in orazione, è colpita da una parola di Dio che le ritorna in mente o che ode: sembra allora che […] risorge a nuova vita come l’araba fenice e, si può pienamente credere perdonata delle sue colpe»[7].
Il caduceo ermetico: spina dorsale e ghiandola pineale
«Sembra proprio che vi siano parecchi grossi fiumi che poi precipitano in cascate, una quantità di uccelli e cicalecci, e non nelle orecchie, ma nella sommità della testa, dove si dice che risieda la parte superiore dell’anima. Vi ho pensato a lungo perché mi sembrava che il gran movimento dello spirito fosse una salita veloce verso l’alto»[8].
Al di là di una inverosimile diretta incidenza tra i due exempla (ovviamente nel senso di quella che si sarebbe operata, nel tempo, da parte dell’anteriore sul posteriore) quel che noi riteniamo debba invece considerarsi legittimo ed opportuno è il pensare che la spiritualità teresiana mantenga una forte analogia ontologica con quella federiciana. Solo presumendo di essere al cospetto di una necessità d’ordine ‘provvidenziale’, pertanto ‘a-temporale’, possiamo di conseguenza verificare l’effettività di un ‘nesso comune’ sotteso, come ‘in filigrana’, tra i due contesti. E se questi mantengono la propria peculiarità espressiva legata, rispettivamente, uno al logos architettonico e l’altro a quello letterario, entrambi si fanno ‘veicolo’ del medesimo cristico Logos divino, che attraverso di essi ci parla e spiritualmente ci nutre.
Cosmo Intini
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Per quanti lo desiderino, è possibile ordinare il saggio: C. INTINI, S.Maria del Graal. Fondamenti simbolico-sacrali di Castel del Monte (Ed. Il Leone Verde, Torino 2002)
facendone richiesta al seguente indirizzo: reginaequitum@gmail.com
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NOTE
[1] TERESA D’AVILA, Il Castello interiore, Ed. Paoline, Milano 2025, p. 37.
[2] G. TANI, Il castello interiore di S. Teresa d’Avila: un’interpretazione simbolica, Ed. Paoline, Milano 1991.
[3] Idem.
[4] TERESA D’AVILA, Il Castello interiore, cit., p. 90.
[5] Idem, p. 122.
[6] Idem, p. 127.
[7] Idem, p. 158.
[8] Idem, p. 85 sg.