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L’Imitazione di Cristo e la Via cavalleresca: la battaglia interiore del cristiano tradizionale (di Valerio Amico)

Autore: Tommaso da Kempis (1380-1471)

Editore: San Paolo Edizioni, 2011

Tra i capolavori della spiritualità cristiana, L’Imitazione di Cristo occupa un posto singolare. Attribuito a Tommaso da Kempis, quest’opera – scritta nel XV secolo – non propone un trattato di teologia, ma un manuale di vita interiore, una guida ascetica che parla al cuore dell’uomo in ogni tempo.

Le sue pagine, intrise di sapienza evangelica e di spirito monastico, rivelano un combattimento che si svolge nel segreto della coscienza: la lotta dell’anima contro le passioni disordinate, l’orgoglio, la vanità, l’amore disordinato di sé.

Ma questa battaglia interiore non è lontana dallo spirito cavalleresco autenticamente cattolico, anzi, ne costituisce il fondamento. Il Cavaliere cristiano, nella visione tradizionale, non è soltanto un guerriero esteriore, ma un uomo chiamato a combattere prima di tutto dentro di sé.

L’eroismo della Cavalleria non nasce dal desiderio di gloria mondana, ma dal sacrificio, dall’obbedienza e dalla fedeltà a un ordine superiore, quello di Dio. È un’autentica battaglia che si gioca nel profondo del proprio cuore.

Nel linguaggio della Imitazione di Cristo, il campo di battaglia è l’anima:

Se vuoi la vera pace e la vera libertà, spezza ogni attaccamento disordinato”.

Il Cavaliere che oggi desidera vivere secondo la Tradizione deve quindi affrontare nemici invisibili: la pigrizia spirituale, la superficialità, l’orgoglio intellettuale, la seduzione del mondo moderno che svuota di senso il sacrificio e la disciplina.

In questo senso, l’Imitazione di Cristo diventa un manuale di Cavalleria interiore: ogni pagina invita a impugnare la spada dello Spirito (Ef 6,17), a vegliare sul proprio cuore come una roccaforte da difendere, a mantenere la purezza e la lealtà come armi di luce e l’umiltà come preziosa virtù cavalleresca.

Se nel Medioevo la Cavalleria si fondava su onore, fedeltà e coraggio, l’autore dell’Imitazione di Cristo mostra come il vertice di queste virtù sia l’umiltà.

Il vero Cavaliere di Cristo non combatte per sé, ma per servire il suo Signore; non si esalta nella vittoria, ma riconosce che ogni forza viene da Dio.

Così scrive il Kempis:

«Chi conosce bene sé stesso, poco si stima e non si diletta delle lodi umane. […] Abbiamo cominciato; non ci è lecito tornare indietro, né lasciare ciò che abbiamo intrapreso. Via, o fratelli, procediamo insieme: Gesù sarà con noi. Abbiamo preso questa croce per amore di Gesù; per amore di Gesù perseveriamo nella croce. Colui che ci guida e ci precede sarà il nostro aiuto, Ecco, il nostro Re camminare avanti a noi; “egli combatterà per noi” (2Esd 4,20). Seguiamolo con animo virile; che nessuno abbia paura, né si lasci atterrire; che noi siamo pronti a morire coraggiosamente nella lotta; che non abbiamo a gravare il nostro buon nome con una delittuosa fuga (1Mac 9,10) dinanzi alla croce».

È l’opposto dello spirito del mondo, che misura il valore sull’apparenza. L’umiltà è la corazza che protegge l’anima dall’orgoglio e dalla vanagloria, i veri draghi della vita spirituale. In un’epoca come la nostra, segnata dalla confusione morale e dalla perdita del senso del sacro, l’Imitazione di Cristo offre una bussola per chi vuole riscoprire una Via cavalleresca autenticamente cattolica e legata alla Tradizione. Non si tratta di un nostalgico ritorno al passato, ma di una rinascita dello spirito dell’Ordine: servire Dio, difendere la verità, custodire la purezza del cuore, con lo stesso zelo e la stessa disciplina dei Cavalieri d’un tempo. Chi oggi si fa Miles Christi – Cavaliere di Cristo – è chiamato a coniugare la preghiera e l’azione, la contemplazione e il combattimento, l’obbedienza e il coraggio.

Come insegnava san Bernardo di Chiaravalle, maestro della Cavalleria Templare: “Il cavaliere di Cristo ferisce per salvare e muore per vivere”.

In conclusione, l’Imitazione di Cristo non è solo un libro di pietà, ma una vera via ascetica dell’“arte della guerra spirituale”.

È il compagno di chi vuole vivere la Tradizione non come estetica o memoria, ma come fedeltà viva, come milizia interiore al servizio del Re dei re. Nel silenzio della preghiera, nella disciplina dell’anima e nel coraggio della fede, si rinnova il giuramento del Cavaliere: servire Cristo, combattere il male, e custodire la verità fino alla fine.

Valerio Amico